Louise Glück, La finestra aperta (15)

Foto di Marcello Comitini


Uno scrittore anziano aveva preso l’abitudine di scrivere la parola FINE su un pezzo di carta prima di iniziare i suoi racconti, dopo di che raccoglieva una pila di pagine, particolarmente sottili in inverno quando la luce del giorno era breve, e relativamente spesse in estate quando il suo pensiero diventava di nuovo sciolto e associativo, espansivo come il pensiero di un giovane. Indipendentemente dal loro numero, metteva queste pagine bianche sull’ultima, coprendola. Solo allora la storia gli sarebbe giunta, casta e raffinata d’inverno, più libera d’estate. Con questi sistemi era diventato un maestro riconosciuto.
Lavorava di preferenza in una stanza senza orologi, confidando che la luce gli dicesse quando la giornata era finita. In estate, gli piaceva la finestra aperta. Come può, d’estate, entrare nella stanza il vento invernale? Hai ragione, gridò al vento, questo è quello che mi è mancato, questa risolutezza e repentinità, questa sorpresa — Oh, se potessi farlo sarei un dio! E giaceva sul pavimento freddo dello studio a guardare il vento che agitava le pagine, mescolando le scritte e le bianche, tra loro la fine.

Louise Glück, Faithful and Virtuous Night, Farrar, Straus and Giroux. 2014
traduzione di Marcello Comitini

13 pensieri su “Louise Glück, La finestra aperta (15)

  1. Quando ero studentessa di ragioneria, ora sono anni infondo a un tunnel lunghissimo, un uomo, fortemente caratteriale, dall’aspetto disordinato, arruffato, appariva di tanto in tanto in cortile, ove tutti noi consumavano i minuti di ricreazione, e iniziava a recitare la Divina Commedia, con voce calda e sonorità limpide; per denaro, ripartiva dal qualsiasi attacco gli fosse dato e, per uno più congruo, dall’attacco andava a ritroso, come fosse a recitare leggendo allo specchio, dal basso a destra verso l’alto a sinistra: ed era tutto esatto, al controllo di chi avesse avuto voglia di verificare, ed egli rallentava la recitazione per permettere, a chi controllava col testo in mano, di stargli al passo: l’idea della parola Fine come inizio di una narrativa e che questa si svolga tutta a ritroso, da leggere poi allo specchio, iniziando dall’ultima pagina, è affascinante.

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