Canto d’amore

Peder Mork Monsted, Susaaen, Næsbyholm in spring (1913)

Sul ramo teso alla stentata ricerca

d’un cielo che riesca a colorarsi di blu

come un qualunque cielo nelle giornate estive

due o tre merli fischiano a fiato perso

fantasiose congetture d’amore

gorgheggiano

lasciano rotolare dai becchi

piccole note che inciampano nell’aria

piovono sui dormiveglia dell’uomo

pungono la notte ormai sbiadita.

Li ascoltano soriani pasciuti

ai piedi dell’albero guardano verso il ramo

 come vecchi saggi in attesa

della tragica fine di ogni canto d’amore.

Milonga

Regina dei miei passi, astro che attendi
tra le luci timide nella penombra
fiore che sbocci tra le mie dita di ladro
con il sontuoso stupore di eterno
stelo che si flette al vento dei miei sguardi
e si fa musica con la leggerezza dei mandorli.
Il tuo corpo volteggia come una rondine
sul fiume dei nostri incanti
i tuoi occhi trafiggono
le tue mani mi carezzano.
I nostri corpi s’intrecciano
si amano
nello sfiorarsi al ritmo del tango
che scivola lungo le gambe
e trasforma in nuvola
il peso dei nostri anni.
Voli nella fantasia della danza
tra le braccia di altri
e a me ritorni
rondine dalle ali bianche
infervorata e sudata
col profumo della tua pelle e labbra di fuoco.
I sogni che ubriacano il cuore
la felicità d’essere leggeri
li condividiamo attorno alla tavola
imbandita di vini inebrianti.

Ora che la musica è finita scivoli via
tra gli amici che attendono i tuoi sorrisi.

Conservi sul cuore il polline delle mie dita.
Io la leggerezza del tuo corpo sul mio.

L’école de la poésie

La poésie contemporaine ne chante plus elle rampe
Elle a cependant le privilège de la distinction
Elle ne fréquente pas les mots mal famés elle les ignore
On ne prend les mots qu’avec des gants
à « menstruel » on préfère « périodique »
Et l’on va répétant qu’il est des termes médicaux
qu’on ne doit pas sortir du laboratoire et du codex

Le snobisme scolaire qui consiste en poésie
à n’employer que certains mots déterminés
à la priver de certains autres
qu’ils soient techniques, médicaux
populaires ou argotiques
me fait penser au prestige du rince-doigts
et du baisemain
Ce n’est pas le rince-doigts
qui fait les mains propres
ni le baisemain qui fait la tendresse
Ce n’est pas le mot qui fait la poésie
mais la poésie qui illustre le mot

Les écrivains qui ont recours à leurs doigts
pour savoir s’ils ont leur compte de pieds
ne sont pas des poètes, ce sont des dactylographes
Le poète d’aujourd’hui doit être d’une caste
d’un parti ou du « Tout Paris »
Le poète qui ne se soumet pas est un homme mutilé

La poésie est une clameur
Elle doit être entendue comme la musique
Toute poésie destinée à n’être que lue
et enfermée dans sa typographie n’est pas finie
Elle ne prend son sexe qu’avec la corde vocale
tout comme le violon prend le sien
avec l’archet qui le touche

L’embrigadement est un signe des temps
De notre temps
les hommes qui pensent en rond
ont les idées courbes
Les sociétés littéraires c’est encore la Société
La pensée mise en commun
est une pensée commune

Mozart est mort seul
accompagné à la fosse commune
par un chien et des fantômes
Renoir avait les doigts crochus de rhumatismes
Ravel avait dans la tête une tumeur
qui lui suça d’un coup toute sa musique
Beethoven était sourd.
Il fallut quêter pour enterrer Bêla Bartók
Rutebeuf avait faim
Villon volait pour manger
Tout le monde s’en fout

L’Art n’est pas un bureau d’anthropométrie
La Lumière ne se fait que sur les tombes
Nous vivons une époque épique
et nous n’avons plus rien d’épique

La musique se vend comme le savon à barbe
Pour que le désespoir même se vende
il ne nous reste qu’à en trouver la formule
Tout est prêt : les capitaux, la publicité, la clientèle
Qui donc inventera le désespoir ?

Avec nos avions qui dament le pion au soleil
avec nos magnétophones qui se souviennent
de ces « voix qui se sont tues »
avec nos âmes en rade au milieu des rues
nous sommes au bord du vide
ficelés dans nos paquets de viande
à regarder passer les révolutions

N’oubliez jamais que ce qu’il y a
d’encombrant dans la Morale
c’est que c’est toujours la Morale des Autres

Les plus beaux chants
sont des chants de revendication
Le vers doit faire l’amour
dans la tête des populations
A l’école de la poésie on n’apprend pas
On se bat !

Leo Ferré, L’école de la poésie

dal blog https://debraisesetdombre.com/

Danza delle stagioni

Danza delle stagioni

Ogni anno dico addio all’inverno
quando stacco dalla parete
la spina della stufetta
nello spazio segreto dell’ anima
che ha scaldato le nudità del mio corpo
nel tentativo di ricomporre
nello specchio appannato
le mie identità.

Ogni anno accolgo la primavera
lasciando gli abiti sporchi
mostrando il mio corpo alla Dea
che mi guarda con la coda dell’ occhio
e mani che battono sul tamburo
sempre più vuoto della mia esistenza.

Ogni anno accolgo l’estate
sventolando fazzoletti nell’aria bruciata
come bandiere cui il naufrago affida
la speranza d’essere avvistato
nel mare deserto che risuona di voci lontane
– striduli gabbiani che girano in alto
sui cadaveri degli annegati.

Ogni anno accolgo l’autunno
tingendo di un rosso ombroso i desideri ,
che vedo scivolare ai miei piedi
calpestati da passi ciechi.
Cade anche il mio cuore maturo
come un frutto che nessuno raccoglie.

Ogni anno accolgo l’inverno
con le sue cime innevate di morte.
Mi chiudo nella mia anima
e ritrovo negli abiti sporchi
il calore della stufetta
che scalda le ossa dei miei pensieri.
Fingo che non siano tristi
anche se leggo sui giornali notizie
di un mondo che afferra se stesso
come un dio che si morde a sangue.

Al caldo dell’anima coltivo il mio orto
sfogliando le immagini delle modelle
che annunciano la primavera.
Alle mie spalle sole pioggia vento
inesorabili invitano la morte
a compiere un altro passo
nella danza delle stagioni.

L’attesa (It – Fr – Eng – Esp)

Edward Hopper, Self-portrait


I quadri di Hopper sono generalmente popolati da persone sole, raffigurate al massimo in gruppi di due o tre individui che emanano disagio e incomunicabilità … Hopper riproduce costantemente «certi spazi ed esperienze spaziali … dove si osserva tra le persone una vicinanza fisica e allo stesso tempo una separazione,
dovuta a diversi fattori tra cui il movimento, le strutture, le finestre, i muri, la luce o il buio». Le scene urbane di Hopper riproducono anche uno degli aspetti principali della solitudine: il senso di separazione – di essere murati dentro o fuori – si combina con un senso di esposizione quasi intollerabile.

Laing, Olivia. Città Sola. Il Saggiatore, 2018

L’attesa

Chino sui colori il tuo sguardo s’infiltra
tra le crepe della vita.
Osservi mediti disegni
su fogli avidi l’enigmatica
solitudine dell’essere.
Alza gli occhi Edward, mi senti?
Mi vedi accanto a te seduto
nel buio del teatro tra le lunghe file dipinte
di rosso dal tuo pennello?
In piedi ad attenderti
nei corridoi dei cinema deserti?
Rispondimi accompagnami lungo i sentieri
contorti delle mie ansie.
Fuori anche la città è immersa nel buio
a mala pena violato da impercettibili fili gialli
e da riflessi acuminati di diamanti.
Giù nella strada tinta di verde
il rosso del grande tramonto infuoca la vetrata
imbriglia gli uomini,
li aggioga al vuoto della notte.
Chiudo gli occhi
carezzo le loro ombre
– anche la mia sperduta e stanca –
allungate dall’angolo zenitale della luce
diffusa da lampioni invisibili.
Alzo lo sguardo dai tuoi colori
preda d’un tremore
che mi fa dubitare dell’esistenza dell’amore.
Vedo nel rosa tenue del cielo mattutino
l’orizzonte di ponti deserti, di fiumi che scorrono
lenti o furibondi
navi che invadono il palcoscenico come quieti fantasmi
case che si alzano enormi, stanze vuote dietro finestre
illuminate dall’ansia dell’inatteso.
Ma tutto è fermo sotto il peso
del silenzio e della tua solitudine.
Intorno il mondo corre incessantemente
si trasforma e si perde
nel male comune della dimenticanza.
Tu l’hai bloccato nel bianco accecante che unisce
lo scorrere lento della desolazione
al mistero dei volti stupiti.
Gli esseri umani avidamente spiati
nudi in modi diversi
nei momenti più intimi della loro esistenza
attendono dalla prigione della bolla di vetro
che i volti si liberino
dall’ansia del vuoto senza risposte
che una ciocca di capelli scappi via
dai cappellini colorati delle ragazze
che valga la pena rileggere
il libro abbandonato dal rimorso dell’uomo
e dalla donna alle sue spalle
stretta sul letto nel proprio rancore.
Dietro i vetri della mia stanza
illuminata dai tuoi colori
come una camera ardente
scruto tra le crepe della mia vita
vedo gli occhi oscuri delle finestre di fronte.
Attendo
il meraviglioso movimento
di un braccio di una tazzina posata sul tavolo,
qualcuno che spii le mie ansie
le voglie d’essere compreso accettato
la mia paura di non essere amato
il desiderio la nostalgia
la speranza incerta
se consolarmi o svanire.
Hai alzato gli occhi dai tuoi colori, Edward. Mi vedi?
Mi senti?

L’attente

Penché sur les couleurs, ton regard s’infiltre
dans les fissures de ta vie.
Tu observes, médites, dessines
sur des papiers avides
l’énigmatique solitude d’ être.
Lève tes yeux Edward, peux-tu m’entendre?
Me vois-tu assis à côté de toi
dans l’obscurité du théâtre parmi les longues rangées peintes
en rouge avec ton pinceau?
Debout, que je t’attends
dans les couloirs des cinémas déserts?
Réponds-moi, accompagne-moi le long des sentiers
tordus de mes angoisses.
Dehors, aussi la ville est entourée d’obscurité
à peine violée par des fils jaunes imperceptibles
et par des reflets acuminés de diamants.
En bas dans la rue teintée de vert
le rouge du grand coucher de soleil enflamme le vitrail
bride les hommes,
les attèle au vide de la nuit.
Je ferme mes yeux
Je caresse leurs ombres
– la mienne aussi effrayée et fatiguée –
étirées par l’angle zénithal de la lumière
diffusée par des lampadaires invisibles.
Je lève les yeux de tes couleurs
en proie à un tremblement
qui me fait douter de l’existence de l’amour.
Je vois dans le rose tendre du ciel du matin
l’horizon des ponts déserts, des rivières qui coulent
lentes ou furieuses
des navires qui envahissent la scène comme des fantômes silencieux
d’immenses maisons qui s’élèvent, des pièces vides derrière les fenêtres
illuminées par l’angoisse de l’inattendu.
Mais tout est coincé sous le poids
du silence et de ta solitude.
Le monde autour courre sans cesse
se transforme et se perde
dans le mal commun de l’oubli.
Tu l’as bloqué dans le blanc aveuglant qui unit
le lent flux de la désolation
au mystère des visages étonnés.
Les êtres humains espionnées avidement
nus de différentes manières
dans les moments les plus intimes de leur existence
ils attendent de la prison de bulles de verre
que les visages se libèrent
de l’angoisse du vide sans réponses
qu’une mèche de cheveux s’enfuit
des chapeaux colorés des filles
qu’il mérite d’être relu
le livre abandonné par les remords de l’homme
et de la femme derrière lui
serrée sur le lit dans sa rancune.
Derrière les fenêtres de ma chambre
illuminée par tes couleurs
comme chapelle ardente
je scrute à travers les fissures de ma vie
je voie les yeux sombres des fenêtres d’en face.
J’attends
le merveilleux mouvement
d’un bras d’une tasse posée sur la table,
quelqu’un qui espionne mes angoisses
mes envies d’être compris accepté
ma peur de ne pas être aimé
le désirer la nostalgie
l’espoir incertain
si me consoler ou disparaître.
Tu as levé les yeux de tes couleurs, Edward. Me vois-tu?
M’entends-tu?

The wait

Bowed over the colors, your look infiltrates
in the cracks of your life.
You observe, meditate, draw
on avid paper the enigmatic
loneliness of being.
Look up Edward, you hear me?
You see me sitting next to you
in the darkness of the theater between the long rows painted
of red with your brush?
Standing I waiting for you
in the corridors of deserted cinemas?
Answer me accompany me along the paths
contorted of my anxieties.
Outside also the city is surrounded by darkness
barely violated by imperceptible yellow threads
and by sharp reflections of diamonds.
Down in the green-tinted street
the red of the great sunset ignites the stained glass window
he harness men,
subjugates them at the emptiness of the night.
I close my eyes
I caress their shadows
– mine too, scared and tired –
stretched from the zenithal angle of light
diffused by invisible street lamps.
I look up from your colors
With a trembling
which makes me doubt the existence of love.
I see in the soft pink of the morning sky
the horizon of deserted bridges, of flowing rivers
slow or furious
ships that invade the stage like quiet ghosts
huge houses that rise, empty rooms behind windows
illuminated by the anxiety of the unexpected.
But everything is stuck under the weight
of silence and your solitude.
The world around runs unceasingly
is transformed and gets lost
in the common evil of forgetfulness.
You blocked it in the blinding white that unites
the slow flow of desolation
to the mystery of the astonished faces.
The humans, spied greedily
naked in different ways
in the most intimate moments of their existence
they await from the glass bubble prison
that the faces free themselves
from the anxiety of the void without answers
that a lock of hair runs away
from the colorful hats of the girls
that worth rereading
the book abandoned by man’s remorse
and from the woman behind him
narrow on the bed in her grudge.
Behind the windows of my room
illuminated by your colors
like a burial chamber
I scrutinize through the cracks of my life
I look at the dark eyes of the windows opposite.
Waiting
the wonderful movement
of an arm of a cup placed on the table,
someone who spies on my anxieties
my cravings to be understood accepted
my fear of not being loved
the desire the nostalgia
the uncertain hope
whether to console me or fade away.
You looked up from your colors, Edward. You see me?
You hear me?

La espera

Inclinado sobre los colores, su mirada se infiltra
entre las grietas de la vida.
Observas, meditas, dibujas
en lo papel avido
lo enigmático soledad del ser.
Levanta los ojos, Edward, ¿Me oyes?
¿Me ves a tu lado sentado
en la oscuridad del teatro entre las largas filas pintadas
de rojo con tu pincel?
¿Me ves esperando por ti
en los pasillos de cines desiertos?
Contéstame, acompañame por los senderos
retorcidos de mis ansiedades.
Fuera, también la ciudad está rodeada de oscuridad
apenas violada por hilos amarillos imperceptibles
y por agudos reflejos de diamantes.
Abajo en la calle teñida de verde
el rojo de la gran puesta de sol enciende la vidriera
aprovecha los hombres
unirlos en el vacío de la noche.
Cierro mis ojos
acaricio sus sombras
– mía también, perdida y agotada –
estiradas desde el ángulo cenital de la luz
difundida por farolas invisibles.
Levanto mi miranda desde tus colores
empenzando de temblar
que me hace dudar de la existencia del amor.
Veo en el suave rosa del cielo de la mañana
el horizonte de puentes desiertos, de ríos que fluyen
lentos o furiosos
naves que invaden el escenario como fantasmas silenciosos
enormes casas que se levantan, habitaciones vacías detrás de las ventanas
iluminadas por la ansiedad de lo inesperado.
Pero todo está atorado bajo el peso
de silencio y tu soledad.
El mundo alrededor corre sin cesar
se transforma y se pierde
en el mal común del olvido.
Lo bloqueaste en el blanco cegador que une
el lento flujo de desolación
al misterio de los rostros asombrados.
Los humanos espiados ávidamente
desnudos de diferentes maneras
en los momentos mas intimos de sus existencia
esperan desde la prisión de la burbuja de cristal
que las caras se liberan
de la ansiedad del vacío sin respuestas
que un mechón de cabello se escapa
de las coloridas gorras de las chicas
que vale la pena releer
el libro abandonado por el remordimiento del hombre
y de la mujer detrás de él
apretada en la cama en su rencor.
Detrás de las ventanas de mi cuarto
iluminado por tus colores
como una cámara funeraria
escudriño a través de las grietas de mi vida
miro los ojos oscuros de las ventanas en frente.
Espero
El maravilloso movimiento
de un brazo, de una taza colocada sobre la mesa,
alguien que espía mis ansiedades
los antojos para ser entendido aceptado
mi miedo a no ser amado
el deseo, la nostalgia
la esperanza incierta
de si consolarme o desvanecerse.
Levantaste la vista de tus colores, Edward. ¿Me ves?
¿Me oyes?

Sospensione dell’alba

Edwars Hopper, Morning in a city


Le finestre dei palazzi all’alba
hanno i colori colmi
d’assenza delle stelle.
Le città non hanno passi
che le calpestano il volto
né voci
che gonfiano le sue vene
non mani
che le imbrattano gli occhi
né ferri
che le trapassano le viscere.
Nelle sue tane di acque e di pietre
dormono cuccioli innamorati
nella sospensione casta dell’alba
e lupi solitari smarriti
nel sonno grigio e muto.
Il vento dei cunicoli
carezza corpi avvinghiati
al calore d’altri corpi
mani che carezzano altre mani
lingue
che s’insinuano tra le labbra
e sui ventri
scorrono le acque dell’amore.
Le rauche felicità delle gole
attutiscono
il clamore del disumano
che assorda
quando sorge il sole.

I nemici

Foto di Paul Apal’kin

Con le dita affondate
nelle cavità dello specchio
ho incontrato me stesso
senza cercarmi e senza desiderio
di rivedere il mio nemico d’infanzia.
Ha sussurrato al mio orecchio
dei piaceri non goduti
dei progetti mai finiti
della vita
trascorsa inutilmente.
Con le lacrime agli occhi
ha ricordato la mia forza
seppure cresciuta con fatica
scardinarsi come porta
rugginosa sul passato
quando lo sentivo rinchiuso
nei profondi
dubbi della mia anima.

Con un sorriso amaro
mi ha costretto a confessare
che fuggivo dalle case
in cerca di una casa
che in cerca di me stesso
cercavo un amore.
Mi guardavo intorno
fuggivo dal mio orgoglio
fuggivo la pietà
donando compassione.

Ma sempre alle mie spalle
lo sentivo lagnarsi
col quel suo fiato di capra
del mio lungo belare
d’ansia e d’inquietudine.

Ora mi direi
se m’incontrassi ancora
come ti sei fatto vecchio
e sempre più ubriaco
d’oscuri incanti
nelle notti tristi e di speranze
nei giorni senza fine.

E sempre più spietato
si è fatto il tuo nemico.

Commento di Gabriella Barattia:

Questa poesia senza dubbio susciterà un senso di fastidio nei lettori che vorrebbero che Marcello si uniformasse, nel suo raccontare e raccontarsi, agli schemi più usuali, che vogliono il passato rivissuto con una punta di malinconia o di rimpianto e che bisogna proiettarsi verso il futuro e godere di quello che la vita ci può ancora dare , anche se siamo vecchi, anche se abbiamo cento anni.

Chi ha letto tutte le poesie di Marcello sa che il rimpianto non gli appartiene, il passato ha portato un così grande carico di dolore, di rinunce, di delusioni da non poter desiderare di riviverlo così come è stato.

Nella sua lucida razionalità permeata dal fatalismo, che appartiene al suo retroterra culturale, è ben conscio che tutto il suo vissuto è stato frutto di sue scelte, dolorose spesso, di rinunce ai suoi sogni, ai suoi progetti alle sue speranze . Consiglierei di leggere o rileggere ” Il volo” in “Formule dell’anima” che spiega molto bene la sua vita.

Ciascuno di noi è portatore di una storia e solo chi ne è stato protagonista è in grado di leggerla : c’è chi la legge attraverso lenti rosate, cercando di tralasciare tutto ciò che non gli è piaciuto e chi la legge con spietatezza.

Ecco Marcello la legge senza infingimenti, la guarda come cosa da lasciarsi alle spalle, ma che ha lasciato in lui tracce indelebili. Queste tracce sono il tessuto del suo scrivere, se non ci fosse tutto quel passato, non narrato, ma esperito, non ci sarebbe il Marcello poeta che noi conosciamo e che ci attrae, anche se il leggerlo può provocare dolore. Ci costringe a guardarci dentro, a vedere la nostra vita da un’ altra angolazione.

Per questo la lettura delle sue poesie non riesce a lasciarci indifferenti, suscitando sempre sentimenti: dolore, rabbia, emozione, commozione, rifiuto, perché mettendosi a nudo ci costringe a fare lo stesso. E non sempre ci piace guardarci dentro mentre ci guardiamo negli occhi.

Due parole sulla forma-poesia di Marcello. Lo ascriverei tra i poeti “classici”, non è un innovatore nella forma, non si concede sbavature lessicali o formali, non butta l’esca della novità per attirare il pubblico.

Ma se guardiamo a ciò che in generale è destinato a restare, vediamo che spesso ciò che attira il pubblico perché ha la forma della rivoluzione, in realtà si perde nel tempo e viene abbandonato. Pensiamo ai poeti futuristi, ai poeti barocchi. Guardiamo a cosa è sempre apprezzato: quello che è portatore di valori riconosciuti attraverso le generazioni.

Nella prima fase della sua poesia anche Marcello sperimentava, rompeva gli schemi. Il fatto di aver ripreso a scrivere dopo tanti anni di silenzio gli ha fatto affrontare la poesia con un’altra mentalità e un’altra visione della vita.
La rivolta nella sua poetica è rimasta, non nella forma ma nei contenuti in cui i suoi rapporti con i temi universali ( vita, amore, morte, impegno sociale) sono affrontati in questa sua ottica che non concede nulla alla superficialità del vivere, ma che vede nella vita un impegno quotidiano di totale consapevolezza.

Due amici (Ita – Fr – Eng – Esp)

Ai piedi del mio feretro
un giorno non lontano
tra i pianti delle prefiche e i silenzi complici
dirai la verità alla mia faccia
da rabbino silenzioso
alle mie mani di Buddha
dalle dure sentenze morali.
Dirai in libertà la vita è quella ch’io vivo
non l’amara marmellata
con cui hai spalmato i sentimenti
né i ricordi che sventolavi a brandelli
sull’asta della tua memoria
molle come un giunco
nella palude nebbiosa delle tue notti.
L’amore per la vita è mio non il tuo
farcito di parole
come la merenda dello scolaro
invecchiato sui libri ingialliti dal dolore.
I miei veri compagni sono
la solitudine e l’esilio nel passato
tristi amici che mi parlano nelle notti
d’incubi e di sogni mai smarriti.
Cosa pensi adesso che nel buio non hai più parole?

Non potrò rispondere,
le mani di Buddha incrociate sul petto
hanno fermato il mio cuore.

Deux amis

Aux pieds de mon cercueil
un jour pas loin
entre les larmes des pleureuses et les silences complices
tu diras la vérité à mon visage
comme un rabbin silencieux
entre mes mains de Bouddha
et ses jugements moraux sévères.
Tu diras librement que la vie est ce que je vis
pas la confiture amère
avec laquelle tu as propagé les sentiments
ni les souvenirs que vous avez agités en lambeaux
à l’hampe de votre mémoire
doux comme un jonc
dans le marais brumeux de vos nuits.
L’amour de la vie est le mien, pas le tien
bourré de mots
comme la collation de l’écolier
vieilli sur des livres jaunis par la douleur.
Mes vrais compagnons sont
la solitude et l’exil dans le passé
tristes amis qui me parlent les nuits
de cauchemars et de rêves jamais perdus.
Que penses-tu maintenant que dans le noir tu n’as plus de mots?

Je ne pourrai pas répondre,
les mains de Bouddha croisées sur sa poitrine
ils ont arrêté mon cœur.

Two friends

At the feet of my coffin
a day not far away
between the tears of the mourners, and the accomplices silences
you will tell the truth to my face
as a silent rabbi
to my Buddha hands
with his harsh moral sentences.
You will freely say life is what I live
not the bitter jam
with which you smeared the feelings
nor the memories you waved in tatters
on the pole of your memory
soft like a rush
in the misty swamp of your nights.
The love of life is mine, not yours
stuffed with words
like the schoolboy’s snack
aged on books yellowed by pain.
My real companions are
loneliness and exile in the past
sad friends who talk to me on nights
of nightmares and dreams never lost.
What do you think now that in the dark you have no more words?

I won’t be able to answer,
Buddha’s hands crossed on his chest
they stopped my heart.

Dos amigos

A los pies de mi ataúd
un día no muy lejos
entre las lágrimas de las dolientes y los silencios cómplices
me dirás la verdad a mi cara
de rabino silencioso
a mis manos de Buda
de duros juicios morales.
Dirás libremente que la vida es lo que vivo
no la mermelada amarga
con la que manchaste los sentimientos
ni los recuerdos que agitaste en jirones
en l’asta de tu memoria
suave como un junco
en el pantano brumoso de tus noches.
El amor de la vida es mío, no tuyo
relleno de palabras
como la merienda del colegial
envejecido en libros amarillentos por el dolor.
Mis verdaderos compañeros son
soledad y exilio en el pasado
tristes amigos que me hablan de noche
de pesadillas y sueños nunca perdidos.
¿Qué piensas ahora que en la oscuridad no tienes más palabras?

No podré responder,
las manos de Buda cruzadas sobre el pecho.
me detuvieron el corazón.

Resistenza e Abbandono (Ita – Fr – Eng – Esp)

Bernini, Apollo e Dafne (partic.)

Come un pellegrino
dopo un cammino faticoso
a occhi chiusi
sfiora le piaghe di marmo
nel costato di Cristo
carezzo le tue labbra di sangue.
Tra le mie dita scarnite dal legno
del bastone di eremita
logorato dall’umidore delle caverne
in cui ho vissuto in questi anni
– tu ne soffrivi – sento
scorrere il tuo sangue mescolato al mio
e come un miracolo
il tuo costato contro il mio petto.
Termina il silenzio del mio cuore stanco
e dentro le vene inizia
il fragore del mare quando s’infrange
nel desiderio di penetrare
il languore amoroso della sabbia.
Lungo i dirupi delle scogliere
alte sul tuo ventre di spuma
volteggiano le ali del tuo sorriso
si tuffano nei fiumi delle mie vene.
Ah, come si distendono sulle onde
inarcate del mare
e come repentine s’abbandonano!

Résistance et abandon

Comme un pèlerin,
après un voyage pénible,
qui touche, les yeux fermés,
les blessures de marbre
des côtes du Christ,
je caresse tes lèvres de sang.
Entre mes doigts rongés par le bois
du bâton d’ermite
usé par l’humidité des grottes,
dans lesquelles j’ai vécu ces dernières années
– tu en as souffert – je sens
ton sang se mêler au mien
et comme un miracle
tes côtes contre ma poitrine.
Le silence de mon cœur fatigué se termine
et le rugissement de la mer
commence dans mes veines
quand elle se brise dans le désir de pénétrer
la langueur amoureuse de la plage.
Le long des rochers des falaises hautes
sur ton ventre d’écume,
les ailes de ton sourire voltigent,
plongeant dans les rivières de mes veines.
Ah, comment elles s’étirent sur les vagues
arquées de la mer
et comment elles s’abandonnent soudain!

Resistance and abandon

Like a pilgrim
after a tiring journey,
he touches with his eyes closed
the marble’s sores
in the flank of Christ,
I caress your blood’s lips.
Between my fingers corroded by the wood
of hermit’s stick
marred by the humidity of the caverns
in which I have lived in these years
– you suffered from it – I feel
your blood flow mixed with mine
and like a miracle
your flank against my chest.
The silence of my tired heart ends
and begins inside my veins
the roar of the sea when it breaks
in the desire to penetrate
the loving languor of the sand.
Along the precipices of the cliffs
high on the our belly of foam,
the wings of your smile twirl,
they dive into the rivers of my veins.
Ah, how they stretch out on the arched
waves of the sea
and how they suddenly abandon themselves! 

Resistencia y abandono

Como un peregrino,
después de un viaje extenuante
toca con los ojos cerrados,
las heridas de mármol
del costado de Cristo,
acaricio tus labios de sangre.
Entre mis dedos arruinados por la madera
del palo de ermitaño,
desgastada por la humidad de las cuevas,
en las que he vivido estos años
– sufriste de eso – siento
que tu sangre se mezcla con la mía
y como un milagro
tu costado contra mi pecho.
El silencio de mi corazón cansado termina
y el rugido del mar
comienza dentro de mis venas
cuando se rompe en el deseo de penetrar
la amorosa languidez de la playa.
A lo largo de los riscos de los acantilados en lo alto
del tu vientre de espuma,
las alas de tu sonrisa revolotean
en los ríos de mis venas.
¡Ah, cómo se extienden sobre las olas
arqueadas del mar
y como de repente se abandonan!

Amplesso d’amore (lettura di Luigi Maria Corsanico)

Auguste Rodin, L’eterno idolo

È la notte a cullare i nostri desideri. E quando il corpo desiderato è tra le nostre braccia, abbandonato alle carezze d’ amore e ci dona le sue, la notte penetra nel nostro essere e vi affonda le sue radici.
Il lento scivolare della veste, che illumina le nostre visioni e lascia nuda l’amata come un rosa bagnata di rugiada, accompagna i gesti d’amore, fino a quello, profondamente condiviso che unisce i due corpi.
Nulla ormai può separare i due amanti, nulla può far dimenticare loro la magia della notte. Anche la luce dell’alba serberà in loro le tracce della notte.

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