L’infinito – L’infini – The infinity – El infinito

Giacomo Leopardi

La siepe oscura l’orizzonte.

Sulla collina sino all’infinito
il vento
del silenzio.

Dalla siepe
il grido
rosso delle bacche.

Parla
di promesse folli
chiama
le stagioni morte
svanisce con il vento.

Il sangue scivola.
Nelle mie vene
il cuore trema.

Il mio pensiero
naufraga
fra le onde
infuocate dei ricordi.

L’infini

La haie obscurcit l’horizon.

Sur la colline à l’infini
le vent
du silence.

De la haie
le cri
rouge des baies.

Il parle
de promesses folles
appelle
les saisons mortes
disparaît avec le vent.

Le sang coule.
Danse mes veines
le cœur tremble.

Ma pensée
naufragée
parmi les vagues
ardentes des souvenirs.

The infinity

The hedge obscures the horizon.

On the hill to infinity
the wind
of the silence.

From the hedge
the red
cry of the berries.

He speaks
of crazy promises,
calls
the dead seasons
vanishes with the wind.

Blood flows.
In my veins
the heart trembles.

My thought
shipwrecked
among the burning
waves of memories.

El infinito

El seto oscurece el horizonte.

En la colina hasta el infinito
el viento
del silencio.

Desde el seto
el grito
rojo de las bayas.

Habla
de promesas locas,
llama las estaciones muertas
se desvanece con el viento.

La sangre fluye.
En mis venas
el corazón tiembla.

Mi pensamiento
naufraga
entre las ardientes
olas de recuerdos.

Dov’è Dio anche se non esiste?

Fernando Pessoa letto da
Luigi Maria Corsanico

John-Isaacs, The Architecture of empahty

Introduzione all’ascolto di Marcello Comitini.

Immagino Pessoa che scrive con la pipa tra le labbra nella sua confortevole stanza, e mentre scrive pensa che tutto ciò che gli sta intorno non esiste. Ma è lui che lo cancella e nel cancellarlo si fa il dono del vuoto, che gli permette di vedersi nudo e indifeso e spesso offeso dalla realtà da cui si sente aggredito.
Non è la realtà che lo aggredisce ma quella condizione, spesso maledetta, che condanna tutti i poeti a vedere, con occhi esasperati dalla propria sensibilità, ogni cosa incastonata nella propria transitorietà, destinata a finire, e che nulla di ciò che li circonda è puro, di quella purezza che solo un animo sensibile desidera al di là di ogni possibile realtà.
Quando poi l’idea di Dio e della sua eternità immutabile, diventano per il poeta la chiave che spalanca la porta del sognare e del piangere, allora l’uomo-poeta si accorge del proprio bisogno più intimo di sentirsi orfano per poter accrescere il sogno di essere amato. Ma anche per ipotizzare un universo talmente immenso da contenere indistintamente tutti i propri sogni e i propri incubi, e per l’eternità smarrirvisi.
Questo prendere coscienza della propria contraddittorietà, crea una frattura – come la sente Pessoa – tra l’uomo che ogni giorno gioca con i suoi gingilli (tecnologici, hobbistici, idealistici, artistici o semplicemente affettivi – nell’ottica in cui li percepisce il poeta) e l’uomo che si accorge, anche solo per un attimo, del proprio trastullarsi, mentre è in realtà alla ricerca dell’amore e dell’essenza della vita.
Ma questo amore e questa essenza si potranno mai raggiungere?
Allora Dio, lui che avrebbe il potere di consolare permettendo il soddisfacimento dell’anelito umano, ha lo stesso potere del vento che, malinconicamente si dissolve come si dissolvono tutte le aspirazioni a cui tende l’uomo.

su Youtube

https://youtu.be/MXnqHP_wn0E

Sul Blog di Luigi Maria Corsanico

Ascoltare – Écouter – To listen – Escuchar

Prima di ascoltare
sento
le onde interrotte e riprese
dei gridi dei merli.
Vagano nel cielo infinito di maggio
tra brandelli di nubi
che coprono e svelano il sole.
Traditi dalla malinconia
cercano pace nel vento.

Ascolto.
In fondo ai miei occhi appaiono
cupole d’ombra tra case e alberi.

Avanza
nel silenzio opprimente
il nero armonioso dei merli.


Écouter

Avant d’écouter
j’entends
les vagues interrompues et reprises
des cris des merles.
Elle errent dans le ciel infini de mai
entre lambeaux de nuages
qui couvrent et révèlent le soleil.
Trahis par la mélancolie
ils cherchent la paix dans le vent.

J’écoute.
Au fond de mes yeux, dômes d’ombre apparaissent
entre maisons et arbres.

Le noir harmonieux des merles
avance
dans le silence écrasant.


To listen

Before listening,
I hear
the interrupted waves and started again
of the blackbirds cries.
They wander in the infinite sky of May
between shreds of clouds
that cover and reveal the sun.
Betrayed by melancholy
they seek peace in the wind.

I listen.
At the bottom of my eyes shadow of domes
appear between houses and trees.

The harmonious black of the blackbirds
comes
in the overwhelming silence.


Escuchar

Antes de escuchar
escucho
olas interrumpidas y reanudadas
de los gritos de los mirlos.
Vagan en el cielo infinito de mayo
entre los jirones de nubes
que cubren y revelan el sol.
Traicionados por la melancolía
ellos buscan paz en el viento.

Escucho.
En lo profundo de mis ojos, aparecen
cúpulas de sombra entre casas y árboles.

El negro armonioso de los mirlos
avanza
en un silencio abrumador

Saper leggere

cesare-pavese

Chi commenterà questo video, chi scenderà tra le parole scritte da Cesare Pavese e lette da Luigi Maria Corsanico?

Pavese ha avuto la fortuna di interloquire con un operaio. Oggi potrebbe parlare soltanto a ragionieri o casalinghe che nulla sanno degli operai, o a dattilografi che ricopiano malamente parole già dette da altri. E mentre le ricopiano non si chiedono che senso hanno, perché e come sono state dette, ma soprattutto scritte.

Già Pavese diceva che poiché tutti sanno leggere, credono anche di capire e poter giudicare. Ma per poter giudicare bisogna prima studiare e penare sulle “sudate carte” e condividere, condividere fin nel profondo della coscienza, le pene, le sofferenze, le incertezze dell’umanità quella più vera e più debole.

I ragionieri non se ne abbiano a male, e neppure le casalinghe o i dattilografi, ma quando il rumore che odono tutto il giorno è quello dei locali in cui si sono chiusi (locali mentali prima che fisici),  e le pene provate sono quelle lette e viste sui telegiornali, distesi sul divano, tra una partita di coppa uefa e l’altra, mentre i bambini e la moglie o il marito, ruzzano intorno, i ragionieri, le casalinghe, i dattilografi non se ne abbiano a male se li invito a non scrivere e a non giudicare coloro che seriamente scrivono, perché se leggono non capiscono, e se giudicano esprimono sentenze che nulla hanno a che vedere con ciò che hanno inteso criticare.

Dunque Luigi, ti sono doppiamente grato per questa scelta di leggere un brano che non contiene nessun pathos, che non stimola sentimenti piagnosi, che non fa sognare al di sopra della realtà, ma incatena ciascuno al dovere dell’umiltà e dell’ascolto. Grazie! Davvero grazie!

Scandire il tempo

Orologio-Pendolo

Oscilla da sinistra verso destra
come una lama
dai bagliori opachi sul collo del condannato.
Spinto da un forza opposta torna indietro
apparentemente pentito e viceversa.
Le mie pupille attratte
dal suo oscillare
ne seguono il movimento
incantate dall’illusione
dell’assoluzione finale,
cercano il meccanismo infinitesimale dell’arresto
prima che la forza lo spinga indietro.
Le lancette prigioniere del tempo
si muovono dolcemente
avanzano attimo dopo attimo
senza pietà né amore.
Come rematori sordi al canto delle sirene
immergono le loro pagaie
nelle acque immemori del mondo
che inesauribilmente annega
nel suo lento invecchiare.

 

Rua Garrett

rua-garrett-01

Una delle più avvincenti letture all’unisono con le immagini del video di Luigi Maria Corsanico!!

Sono convinto che non è possibile offrire agli ascoltatori un video più affascinante di questo, sia per la  voce di Luigi  di cui ormai conosciamo e ammiriamo la profondità, sia per le immagini che vibrano di vita come la sua lettura e liberano il nostro amato Pessoa dalla gabbia di “bronzo che m’imbalsama il corpo”!! E come autore di questi versi confesso che la vita che Luigi ha  reso a Pessoa, l’ha resa anche alla mia poesia!

Il mio grazie va inoltre a Marino Pancheri , blogger di  https://etadellainnocenza.wordpress.com/
che mi suggerito di scrivere qualcosa su Rua Garrett

Seduto da solo al tavolino del bar
senza ambizioni né desideri
triste e quieto penso
alle sale d’attesa piene di sogni altrui
e le ricopio in versi sul foglio del mio pensiero.
Nelle lunghe giornate di sole seguo
il vostro passarmi accanto
come vigili mummie dai visi riarsi,
le ragazze con le labbra assetate d’amore
che ridono eternamente giovani
e i bambini vocianti che mangiano un gelato alla fragola.
Ma in fondo alla strada
è il vento lieve come una farfalla
che mi porta il profumo della natura
e un interminabile tramonto
nel susseguirsi delle stagioni.
In compagnia del silenzio sento
il lento scrosciare della pioggia sul selciato
e nella notte sotto lo sguardo muto dei lampioni
il sonno delle vetrine sbarrate dalle serrande
mi ricorda come sono stati i miei anni.
Nulla intorno mi distrae dal pensare
alle speranze ingannatrici del mio passato
ai sogni inutili di un futuro immaginato.
Il vecchio Ribeiro che mi sta di fronte
sul suo alto monumento di marmo
si compiace delle sue trovate argute
e si congeda con un sorriso ironico.
Quando il sole brilla pesante nell’azzurro
qualcuno sorridendo mi siede accanto
finge di conversare con me e mi chiede
come mai le mie parole ardono ancora
tra incanto e cupa contemplazione.
Con il braccio poggiato sul tavolino taccio
come una cosa dimenticata
che vede in sé stessa
la disperazione del nulla.
Prima di allontanarsi mi stringe la mano
sospesa tra il cuore e la mente come un airone
che porta via i sentimenti
verso un cielo dove si mescolano
illusioni e dolore.
Non posso guardarvi negli occhi
e se potessi vi guarderei senza vedervi.
E se vi vedessi quanto lontano
sarei dai vostri pensieri!
Nel bronzo che m’imbalsama il corpo
con l’immobile parvenza di vita
il mio cuore paziente
come il ragazzo che spesso ho rimpianto
palpita ancora per vendicarsi
d’averlo negato con la stessa passione
con cui si nega Dio.
Mi levo l’ampio cappello augurandovi
buon sole e la pioggia se necessaria

Il disinganno prima dell’illusione

1000followerpodio

1000-follower-web

Fra coloro che condividono le mie poesie sui propri blog ringrazio in particolare per la loro assidua attenzione:

Antonella blogger di https://antonellalallolife.wordpress.com/

Marino blogger di https://etadellainnocenza.wordpress.com/

Douglas blogger di https://moorezart.wordpress.com/

Marzia blogger di https://mymarzia.blog/

Fabrizio blogger di https://lapoesiaelospirito.wordpress.com/

E altri che occasionalmente hanno condiviso i miei versi

Il mio ringraziamento particolare va infine (un infine che sta invece in cima a tutto) al carissimo amico

Luigi Maria Corsanico

blogger (ma non solo)  di https://letturelecturas.home.blog/ per le sue letture che rendono le mie poesie vive di tutto il calore della nostra amicizia.

Tu, madre cui somiglio

Omaggio a mia madre

Tu madre cui somiglio,
non nel volto ma nell’animo mite
e nello sguardo fiero,
tu luna della mia infanzia
e delle mie malinconie
quando chinavi gli occhi sulle mie labbra chiuse
dalla voglia ostinata di non credere all’amore
d’invocare giustizia per gli abbandonati,
ora dico il tuo nome, ora ti chiamo
madre di pietà, ora che la morte
vaga nel buio come fossimo in guerra.

Posso scriverti, madre, di una guerra
senza fondali da teatro senza colpi di scena
senza deliranti discorsi sulla patria
senza immagini che destano pietà
senza sangue che imbeve la terra.

Col disonore, madre, con la fame cieca
che colpisce i vagabondi, i miseri
e gli operai dismessi e i figli di operai
come da sempre soldati da macello.
E questa non è forse guerra?
Guerra che macera l’onore,
che ad uno ad uno colpisce le sue vittime
sotto lo sguardo freddo della gente.
E poi scende il silenzio.
E poi un altro muore cadendo disperato
entro pozzi avvelenati per paura
d’essere dismesso (orribile
parola simile a carneficina).

Madre, le leggi, quelle leggi
che mi hai insegnato a rispettare
dicono che l’uomo ha diritto al lavoro.
Ma quali leggi impongono ai ricchi
il dovere di creare lavoro?

Non so renderti omaggio non so scrivere
una lettera che ti dica quanto t’amo.
Mi manca la sintassi dell’amare.

Nulla di originale – Rien d’original – Nothing original – Nada original

Nulla-di-originale-uccelli

Scrivere di cosa, del mio malessere?
Dello sciupare tempo in compagnia
della disperazione
sbirciando qua e là su qualche libro
poeti e romanzieri e dire
che non arriverò mai ad essere
chiaro, brioso, giovane in eterno come loro?
Dunque meglio chiudere i libri e ascoltare i merli
che cantano acuti sul ramo di fronte casa
e le loro compagne che rispondono commosse
d’essere al centro della loro attenzione.
Ma poi ogni mio pensiero, ogni mio sguardo
ogni palpito del mio corpo
si fermano davanti a certe immagini
in cui si affacciano guerre che sonnecchiano
nelle menti delle cornacchie.
Sui tetti delle case più vicine al cielo
discutono a voce alta nei loro cappucci
di monache immorali, recitano i salmi
dei profeti del potere, e mi accorgo
che gli usignoli adesso tacciono.
Non cantavano per me? Non erano merli?
Cerco in un’enciclopedia ornitologica di chiarirmi ogni dubbio.
Un’infinità di uccelli su ogni coppia di pagina
dovunque la sorte mi faccia aprire il libro.
Volano tra le nuvole di carta o stanno in posa sui rami
dall’aquila orgogliosa al timido canarino.
Cantano all’alba come l’allodola ormai famosa
lo spudorato merlo che rovista tra i sassi.
il tordo cattura vermi, lo scricciolo cacciatore d’insetti e ragni.
L’usignolo invece insieme al pettirosso cantano al tramonto.
Gli uccelli – alcuni cantano di notte – sono tanti
meno però di quanti sono i poeti.
Parlo di razze ovviamente. Poeti di razza canora.
Sono tanti e migrano su tutto il globo.
Usano gli stessi versi e cantano sulle stesse note.
Non usano le stesse parole.
Chi le scrive in tedesco, in francese,
in inglese, in dacoromeno o aromeno.
E quando cantano fanno un bel coro
come i soldati delle grandi guerre,
arrampicati sulle vette più alte
puntano i cannoni e sparano.
Spaventati tacciono gli uccelli.
Tranne le cornacchie
che continuano a discutere avide.
Non hanno taciuto – lo penso a malincuore –
anche quando ho smesso di pensare.
Sono un uccello anch’io
come un passero che cinguetta piano
con il capo nascosto sotto l’ala?
Invece di cantare penso
e mi sentono soltanto gli uccelli
innamorati sul ramo di fronte casa.
Non tacciono i poeti. E perché dovrebbero?
Non posso dare la colpa alle immagini
che illustrano la mia patria
di eroi sempre in guerra, una guerra da cortile
e i feriti sono morali e gli ospedali aule
di parlamento o tribunali costituzionali
(i tribunali penali sono per giudicare
la gente armata di buon senso)
dove si emettono diagnosi e si rilasciano nuovi eroi
non peggiori di quelli che c’erano prima.
Non ci sono ebrei da bruciare.
Ci si limita a sorrisi e disprezzo.
Alle minacce e ai battibecchi da cortile
si ricorre tra un condominio e l’altro
delle case popolari abitate dai longobardi
da discendenti di etruschi, greci
arabi, fenici e qualche albanese di vecchia data.
E gli immigranti? Li si cacci via
se temerari hanno resistito al mare
o li si lasci annegare.
Bisogna salvaguardare la razza, conservarla
pura e cogliona, settaria e campanilistica
ciascuna nel suo cortile con la propria autonomia.
Sembra che cantino di notte
gli uccelli che canterebbero di sera
disturbati dai rumori e dalle luci dei cortili
affollati di poeti, le loro famiglie i loro figli,
e gli editori che li allevano con occhi rapaci
e strappano loro le penne.
Le cornacchie sui cornicioni più alti
recitano i salmi che le porteranno a dettare le loro leggi in paradiso
e ammutoliscono le civette e i poeti.
Io le penne me le strappo da solo a furia di pensare
e scrivere e cancellare e riscrivere.
Ma spesso mi basta cancellare.
Cancello anche i versi che non ho scritto
perché quel che penso sono figure
di eroi che non amano la guerra. Nulla di originale.

Rien d’original

Écrire sur quoi, sur mon malaise?
Sur perdre du temps en compagnie
du désespoir
en lorgnant ici et là sur les livres
poètes et romanciers et dire
que je n’arriverai jamais être
clair, éternellement jeune et fringant comme eux?
Il vaut donc mieux fermer les livres et écouter les merles
qui chantent aigus sur la branche devant ma maison
et leurs copines qui répondent émues
d’être au centre de leurs attention.
Mais chacune de mes pensées, chacun de mes regards
chaque battement de mon corps
s’arrêtent devant certaines images
où les guerres apparaissent somnolant
dans l’esprit des corbeaux.
Sur les toits des maisons les plus proches du ciel
ils se disputent à haute voix dans leurs capuces
de religieuses immorales, récitent les psaumes
des prophètes du pouvoir, et je remarque
que les rossignols sont maintenant silencieux.
Ne chantaient-ils pas pour moi? N’étaient-ils pas des merles?
J’essaie de dissiper mes doutes dans une encyclopédie ornithologique.
Un nombre infini d’oiseaux sur chaque paire de pages
où que le destin me fase ouvrir le livre.
Ils volent à travers des nuages de papier ou posent sur des branches
de l’aigle fier au canari timide.
A l’aube, ils chantent comme la désormais célèbre alouette
le merle éhonté qui fouille parmi les pierres.
la grive attrape-vers, le roitelet chasseur d’insectes et d’araignées.
Le rossignol avec le rouge-gorge chantent au coucher du soleil.
Les oiseaux – certains chantent la nuit – sont nombreux
moins cependant de poètes.
Je parle bien sûr des races. Poètes de race chanteuse.
Ils sont nombreux et migrent partout dans le monde
utilisant les mêmes vers et chantant sur les mêmes notes.
Ils n’utilisent pas les mêmes mots.
Qui les écrit en allemand, en français
en anglais, en dacoromeno ou aromeno.
Et quand ils chantent, ils font un joli chœur
comme les soldats des grandes guerres,
grimpés sur les plus hauts sommets
ils visent leurs canons et tirent.
Effrayés, les oiseaux se taisent.
Sauf les corbeaux
qui continuent à argumenter avides.
Ils ne se sont pas tus – je pense à contrecœur –
même quand j’ai arrêté de penser.
Suis je aussi un oiseau
comme un moineau qui gazouille doucement
avec la tête cachée sous l’aile?
Au lieu de chanter je pense
et seuls les oiseaux amoureux
m’entendent sur la branche devant la maison.
Les poètes ne se taisent pas. Et pourquoi devraient-ils?
Je ne peux pas blâmer les images
illustrant ma patrie
de héros toujours en guerre, une guerre de-basse-cour
et les blessés sont moraux et les hôpitaux sont des enceintes
du parlement ou des cours constitutionnelles
(les cours pénales sont
pour les personnes armées de bon sens)
où on émet les diagnostics et de nouveaux héros sortent
pas pire de ceux qui étaient avant.
Il n’y a pas de Juifs à brûler.
On se limite aux sourires et au mépris.
Aux menaces et querelles de basse-cour
on a recours entre une copropriété et une autre
des maisons populaires habitées par les Longobards
par les descendants d’Étrusques, de Grecs,
Arabes, Phéniciens et quelques Albanais de vieille date.
Et les immigrants? On les chasse
si ils ont résisté téméraires-à la mer
ou on les laisse se noyer.
La race doit être sauvegardée, préservée
pure et stupide, sectaire et paroissiale
chacune dans sa basse-cour avec sa propre autonomie.
Il semble qu’ils chantent la nuit
les oiseaux qui chanteraient le soir
dérangés par les bruits et les lumières des basse-cours
bondés de poètes, leurs familles, leurs enfants,
et les éditeurs qui les élèvent avec des yeux rapaces
et arrachent leurs plumes.
Les corbeaux sur les plus hautes corniches
récite les psaumes qui les amèneront à établir leur loi au paradis
et les hiboux et les poètes se taisent.
Je arrache mes plume tout seul à force de penser
et écrire et effacer et réécrire.
Mais souvent, je dois juste effacer.
J’efface également les vers que je n’ai pas écrits
parce que ce que je pense sont des immages
de héros qui n’aiment pas la guerre. Rien d’original.

Nothing original

To write about what, about my malaise?
Of wasting time in company
of despair
by peering here and there on some book
poets and novelists and say
that I will never come to be
clear, eternally young and spirited like them?
So it is better to close the books and listen to the blackbirds
that sing high-pitched on the branch in front of the house
and their partner who they answers, moved
to be at the center of their attention.
But then my every thought, my every look
every beat of my body
stops in front of certain images
in which dozing wars appear
in the minds of crows.
On the roofs of houses closest to heaven
they discuss out loud in their hoods
of immoral nuns, recite the psalms
of the prophets of power, and I realize
that the nightingales are now silent.
Were they not singing for me? Weren’t they blackbirds?
I try to clear up any doubts in an ornithological encyclopedia.
An infinite number of birds on each page pair
wherever fate makes me open the book.
They fly through paper clouds or pose on branches
from proud eagle to shy canary.
At dawn they sing like the now famous lark
the shameless blackbird that rummages through the stones.
the thrush catches-worms, the wren hunts for insects and spiders.
The nightingale instead with the robin sing at sunset.
Birds – some sing at night – are many
less, however, than there are poets.
I speak of race, of course. Singing race poets.
They are many and migrate all over the globe.
They use the same verses and sing on the same notes.
They don’t use the same words.
Who writes them in German, in French,
in English, in Dacoromeno or Aromeno.
And when they sing they do a nice chorus
like the soldiers of the great wars,
they climb the highest peaks
point their cannons and fire.
Frightened, the birds are silent.
Except crows
who continue to argue greedy.
They didn’t keep quiet – I think reluctantly –
even when I stopped thinking.
I am a bird too
like a sparrow chirping softly
with the head hidden under the wing?
Instead of singing I think
and only birds hear me
fall in love on the branch in front of the house.
Poets are not silent. And why should they?
I can’t blame the images
illustrating my homeland
of heroes always at war, a backyard war
and the injured are moral and hospitals are parliamentary
rooms or constitutional courts
(criminal courts are for judging
the people armed with common sense)
where diagnoses are made and new heroes are released
no worse than there were before.
There are no Jews to burn.
We limit ourselves to smiles and contempt.
Backyard threats and squabbles
they occurs between one condominium and another
of the popular houses inhabited by the Lombards
from descendants of Etruscans, Greeks
Arabs, Phoenicians and some old Albanians.
What about immigrants? Get them out
if daredevils resisted the sea
or let them drown.
Race must be safeguarded, preserved
pure and stupid, sectarian and parochial
each in its own courtyard with its own autonomy.
It seems that they sing at night
the birds that would sing in the evening
disturbed by the noises and lights of the courtyards
crowded with poets, their families their children,
and publishers who bring up them with rapacious eyes
and tear off their feathers.
The crows on the highest ledges
recite the psalms that will lead them to lay down their law in paradise
and owls and poets fall silent.
I tear away the feathers myself by dint of thinking
and write and erase and rewrite.
But often I just have to erase .
I also erase the verses that I have not written
because what I think are figures
of heroes who don’t like war. Nothing origina

Nada original

¿Escribir sobre qué, sobre mi malestar?
De perder el tiempo en compañía
de desesperación
ojeando aquí y allá en algún libro
poetas y novelistas y decir
que nunca seré
claro, eternamente jóven y enérgico como ellos?
Entonces es mejor cerrar los libros y escuchar a los mirlos
que cantan agudos en la rama frente a la casa
y sus compañeras que responden emocionadas
de ser en el centro de su atención.
Pero luego cada pensamiento, cada mirada
cada latido de mi cuerpo
se detienen frente a ciertas imágenes
donde aparecen las guerras dormitantes
en la mente de los cuervos.
En los techos de las casas más cercanas al cielo
discuten en voz alta en sus capuchas
de monjes inmorales, recitan los salmos
de los profetas del poder, y me doy cuenta
que los ruiseñores ahora están en silencio.
¿No estaban cantando para mí? ¿No eran mirlos?
Intento aclarar cualquier duda en una enciclopedia ornitológica.
Un número infinito de pájaros en cada par de páginas
donde sea que el destino me haga abrir el libro.
Vuelan a través de nubes de papel o posan en ramas
de águila orgullosa a canario tímido.
Al amanecer cantan como la alondra ahora famosa
el desvergonzado mirlo que hurga entre las piedras.
el tordo atrapa gusanos, el reyezuelo cazador de insectos y arañas.
El ruiseñor en vez, con el petirrojo, canta al atardecer.
Los pájaros, algunos cantan de noche, son muchos
menos, sin embargo, que los poetas.
Hablo de raza, por supuesto. Poetas de la raza de canto.
Son muchos y migran por todo el mundo.
Usan los mismos versos y cantan con las mismas notas.
No usan las mismas palabras.
Quién las escribe en alemán, en francés,
en inglés, en dacoromeno o aromeno.
Y cuando cantan hacen un buen coro
como los soldados de las grandes guerras,
escalan los picos más altos,
apuntan sus cañones y disparan.
Asustados, los pájaros están en silencio.
Excepto los cuervos
que siguen discutiendo, avidos.
No se quedaron callados, de mala gana creo,
ni siquiera cuando dejé de pensar.
¿ Soy también un pájaro
como un gorrión cantando suavemente
con la cabeza escondida debajo del ala?
En lugar de cantar creo
y solo los pájaros me escuchan
enamórados en la rama frente a la casa.
Los poetas no callan. ¿Y por qué deberían hacerlo?
No puedo culpar a las imágenes
que ilustran mi patria
de héroes siempre en guerra, una guerra de patio
y los heridos son morales y los hospitales son aulas
del parlamento o tribunales constitucionales
(los tribunales penales son para juzgar
personas armadas con sentido común)
donde se hacen diagnósticos y se lanzan nuevos héroes
no peor de lo que había antes.
No hay judíos para quemar.
Nos limitamos a sonrisas y desprecio.
Amenazas y disputas en el patio
ocurren entre un condominio y otro
de las casas populares habitadas por los lombardos
por los descendientes de etruscos, griegos
Árabes, fenicios y algunos viejos albaneses.
¿Qué hay de los inmigrantes? Los expulsamos
si los temerarios resistieran el mar
o dejamos ahogarse.
La raza debe ser salvaguardada, preservada
pura y estúpida, sectaria y parroquiala
cada uno en su propio patio con su propia autonomía.
Parece que cantan de noche
los pájaros que cantaban por la tarde
perturbados por los ruidos y las luces de los patios
llenos de poetas, sus familias, sus hijos,
y editores que los crían con ojos rapaces
y arrancar sus plumas.
Los cuervos en las cornisas más altas
recita los salmos que los llevarán a establecer su ley en el paraíso
y callan los búhos y los poetas.
Me arranco las plumas a fuerza de pensar
y escribir y borrar y reescribir.
Pero a menudo solo tengo que borrar.
También borro los versos que no he escrito
porque lo que creo son imágenes
de héroes a los que no les gusta la guerra. Nada original

 

 

Fumo

fumatore-giovane-di-sigaro

Aspiro lentamente il sigaro
In questa interminabile giornata.
I pensieri mi rugano la fronte.
Il fumo vola verso il cielo.
Guardo la disperazione del sole
soffocato dalla sua
imperturbata eternità.
Nel mio piccolo mondo
la cenere ricopre tutto
con il suo velo polveroso di ricordi.
Involontariamente la mia mano
spolvera via la cenere
ma tra le dita rimangono le tracce
dei pensieri andati in fumo.