Tache rouge per violino

la violinista laura-marzadori rosso

La violinista Laura Marzadori

Ad Alessandra Ravera
Compositrice Musica classica contemporanea

Avrei voluto parlarti d’amore
quando per strade diverse ci siamo incontrati
per quella strana armonia che ricompone le onde
lungo le spiagge luminose del mondo.

T’avrei detto che a volte il violino è  la bocca di un uomo
che beve lacrime lente da un cielo lontano,
ch’è un volto di donna che lascia svanire in un’eco i lamenti,
un mascàra disciolto lungo le guance
sopra le mani aperte in attesa.

Avrei voluto parlarti d’amore
dirti che a volte il violino ha i bagliori di stelle cadenti
nelle notti cosparse di luna.
Dirti che l’anima usa le stesse parole
che vibrano dentro il violino,
come in un bosco frondoso di aceri rossi
migliaia d’invisibili uccelli su rami di abeti e ciliegi.

Avrei voluto che le tue mani
carezzassero lievi le labbra dell’uomo
suonassero anch’esse nell’ansia di perdere
la gota china sul petto a sentirlo vibrare.

Ma quando ci siamo incontrati
soffiavano intorno le auto
e abbagli di vetri e metalli come fiori strappati
e corolle dipinte sul grigio di un prato.
E tu indossavi un vestito di vetro.
Io portavo al guinzaglio un cane di paglia.

 

La peggiore di tutte

La speranza

Senza titolo

La speranza. Eccola, la speranza,
con i suoi lunghi capelli biondi, i suoi occhi bistrati di blu profondo
intorno al nero delle pupille, la sua bocca rossa e sul viso un’espressione soave.

Trema come se una carezza le avvolgesse il corpo, la sfiorasse con dolcezza.
Trema e sorride. Sorride
e mi tende le braccia.

Nella stanza buia vedo la sua pelle che irradia luce.
Poi lentamente la luce si scolora nel giorno.

Il sole appare rumoroso all’orizzonte e sale verso il centro del cielo.
Ma tornerà la notte.

E la speranza?

Ah, quella ! – mi sorprende una voce nascosta con il tono da sorrisetto sottile.
È l’attrice impegnata in una scena lubrica d’amore,
ripetuta almeno un centinaio di volte nel tentativo di farla apparire sincera.

Quella – ripete l’attrice – è la peggiore di tutte noi.

Buganvillee

San Felice Circeo, 2016

San Felice Circeo, 2016

 

Così sono giunto alla città sul mare
levigata di bianco, le tre del pomeriggio.

Strade al sole deserte case aperte al vento
e buganvillee ridenti come ragazze a braccetto
che mi danno la vertigine di bocche carminie.

Le finestre conservano la frescura delle stanze
e le tende ai balconi all’ombra degli architravi
attendono mollemente il sospiro del vento.

Io mi porto dentro l’umidore dei boschi
il verde cupo dell’erba dove ho trascorso le notti
sognando una città bianca sul mare

e le braccia fiorite delle buganvillee.

San Felice Circeo, 7 giugno 2016

 

La Gatta

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Luna di Gabriarte, blogger di Disegni e ritratti

 

Le dita immerse nella tua pelliccia
hanno attinto ai segreti del tuo sguardo ambiguo?
Come uno strumento antico
da cui escono a sfiorarlo misteriosi suoni,
carezzandoti a lungo
hanno svelato ai sognatori o artisti
i segreti nascosti della tua armonia?
Di te che imposseduta mi possiedi
con la luminescenza dei tuoi occhi
posso immaginare pochi versi
scrivendo solo quel che mi somiglia,
mia gatta tormentata da oscuri pensieri.

Pochi, ne sono certo, che inducono la mente
– per fuggire o riflettere?  – a rinchiudersi con calma
nell’infinita quiete della sonnolenza.

Ma le tue narici e i baffi vibratili
continuano a sondare l’aria intorno
di rivali o di prede o di giochi crudeli che ti spingono
ad arrestare tra gli artigli il movimento
che disturba il tuo inquieto silenzio.

Molto di ciò che vedi ti è indifferente
e ti passa innanzi eternamente trascinato
dal fiume che distrugge la sua forza
nella triste voglia di confondersi col mare
come tutti i fiumi fanno e il resto della vita.

Per rendere completa la tua indifferenza
e la sapienza con cui socchiudi gli occhi
raccogli come in estasi le zampe
sotto l’elettrica pelliccia.

Nel tuo silenzio immobile prevedi e ricordi.
E non sorridi e non ti annoi.

In questo mi somigli e per questo mi guardi
con le punte aguzze delle tue pupille
come due lame di coltello che tagliano e separano
quel che resta estraneo al nostro mondo.

Ma nessuno mai sarà capace di scoprirlo.