Buon giorno Marcella. Lei sa che io apprezzo particolarmente i suoi scritti, sia sotto forma di romanzi sia come racconti che pubblica sul suo blog (https://ameraviglia.com/).
Perciò le ho chiesto di porle alcune domande per conoscere il tessuto culturale che caratterizza il suo stile letterario. La ringrazio per aver cortesemente accettato:
Quali sono i fondamenti della sua formazione culturale?
Mia madre.
È stata proprio lei, fin dai miei cinque anni, a farmi appassionare alla Cultura, come curiosità, sete di conoscenza. Insegnante di italiano e latino, ha traghettato me ed i miei fratelli tra le gesta degli eroi greci, la mitologia, i grandi della storia. Queste erano le mie favole. Da allora, la lettura è sempre stata una delle mie passioni, insieme al disegno.
Legge tutto ciò che Le passa per le mani, o esercita una selezione?
Quando entro in libreria, amo vedere, toccare e sfogliare le pagine e, come una rabdomante, cerco piccole gemme, anche sconosciute. Evito di comprare solo i Top in classifica, seleziono prima in base alla quarta di copertina, poi dalla lettura delle prime pagine. Capisco subito se ho trovato qualcosa che rapirà la mia attenzione. Esistono moltissimi autori, anche famosi, ma non conosciuti al grande pubblico. Ora, per esempio, sto leggendo Mokusei di Cees Nooteboom, grande autore, spesso paragonato a Borges, Calvino o Nabokov.
Ha scritto diverse fiabe per bambini. Cosa l’ha spinta a farlo?
Le fiabe danno semplicemente vita ai miei disegni. Sono un passatempo serio, perché nelle favole si nascondono messaggi molto importanti, per un pubblico molto importante.
Ma è vero che anche le copertine dei suoi romanzi MUSUBI e IO sono stati disegnati da lei?
Si è così: sia la copertina del romanzo “IO” sia quella di “MUSUBI” sono disegni miei
E ancora continuo a disegnare, dipingo anche in acrilico, quadri macro di 1metro quadro… ma è un passatempo.
Ci vuole tempo… per fare le cose bene… e la scrittura è al primo posto. Vorrei avere più tempo…
Come concilia il contenuto delle fiabe con i romanzi che scrive?
Nelle mie fiabe vivono i miei sogni, nei miei romanzi invece sono le parole che cercano di far sognare, descrivendo la vita. Le parole hanno un grandissimo potere, devono essere scelte con cura.
Sottovalutiamo la loro forza, impigrendoci, spesso limitandoci ad utilizzare un lessico basico e ripetitivo. E tralascio il discorso estetico, punto di valorizzazione quasi mai utilizzato.
Lei rappresenta la concisione, l’esattezza e il rigore, che a mio giudizio sono la cosa più desiderabile e la più difficile da ottenere. Non teme di essere accusata di freddezza?
Nel mio peregrinare per il mondo, ho avuto la fortuna di vivere anche in Giappone e in Sud America. Entrambe le culture hanno avuto un forte impatto sulla mia scrittura, essendo così agli antipodi per storia e tradizioni. Ecco, miro a riuscire a trovare un equilibrio tra le sensazioni potenti, quasi carnali, del Sud America e la profondità rigorosa, a volte dark, avvolta da stereotipi, del Giappone. Anche la passionalità si può descrivere come una colata di ghiaccio, dalle innumerevoli sfumature.
Conferma la mia convinzione che nei suoi ultimi scritti lei mette in pratica una lotta costante contro l’enfasi?
La mia esperienza nel giornalismo ha sicuramente influito nella ricerca della sintesi. Ma è solo una proiezione del mio stile che ha subito le influenze del rigore giapponese, capace di esprimere emozioni e invitare a riflessioni, in quattro righe. Alla base del mio stile c’è la ricerca delle parole, voglio creare storie levigate, che scivolino nella mente di chi legge, catturandone l’anima.
Ritiene che il compito più arduo per uno scrittore sia dire tutto con poche parole?
Sì. Ma scritte bene.
Grazie delle Sue risposte che nella loro schiettezza hanno permesso a me e agli amici di questo blog di conoscere alcuni degli argomenti che confluiscono nei Suoi scritti, particolarmente attenti agli aspetti umani.