Amore

al buio

Al buio (foto dal web)

Ancora, se le vene che attraversano i muri

non scaldassero la casa e tu non fossi più

sorriso che m’illumina ma scaglie

leggère di una cenere che mi vola intorno

dovrei dire ho freddo, lasciare

queste stanze vuote, scendere per strada

incontrare gente, accostarmi ai loro corpi

come al cinema quando ci si siede al buio

e sullo schermo appaiono le scene

finali della storia.

 

Riderei confuso insieme a loro.

O piangerei da solo

nascosto nel sonoro buio della sala?

Le vicine

Beatrice Borroni Le vicine

Cosa dicono le donne affacciate alle finestre

come fiori sbocciati fra le mura dei palazzi

coi turbanti colorati che avvolgono i capelli

i sogni le parole in punta di lingua?

I gesti con cui amano e sfidano il tempo

racchiusi nei silenzi di stanze solitarie

come farfalle posano sugli occhi e sulle labbra

la polvere dei giorni.

Ridono di parole raccolte nella notte

tra braccia innamorate e lenzuola sgualcite

tra lacrime che scorrono lente sulle guance

scorrono come acqua limpida di cielo.

Col corpo con il cuore con denti di neve

schiudono le corolle dei loro segreti

donano con le mani forma ai sentimenti

ai ricordi agli amori ai desideri traditi

ai dolori che aprono ferite nel cuore

ai gesti di uomini che mai le ameranno.

È tutto rosso intorno. Papaveri di sole

ondeggiano nel vento petali di seta.

Scivola la lingua nei lunghi sospiri

un morbido serpente nascosto tra le labbra.

Sanno che nulla dura più di un momento

e vedono nei sogni bellissime ragazze

incedere sui viali del loro tramonto.

Cosa dicono le donne affacciate alle finestre

come fiori recisi che si girano al sole

e guardano negli occhi ragazze colorate

con i colori dell’amore e dei sogni svaniti?

Ridono ridono come rose al vento

raccontano che i sogni nascono e muoiono

come ad ogni alba la luce di ogni giorno.

 

La notte ebra

Emil Nolde

Dipinto di Emil Nolde (1867-1956)

La notte lacerata dai bagliori dei fanali

striscia sulla città si alza alta

avanza silenziosa zoppicando

con il mio stesso passo.

Vicino a ogni lampione,

tenta di scaldare alla luce fredda

le sue mani umide e il suo viso di pianto.

Con il cuore ferito da quell’indifferenza

scioglie nella luce il suo splendore oscuro.

 

Io non posso lasciare che se ne vada sola

cacciata lungo i viali dal brusio dei lampioni.

Insieme abbandoniamo la città deserta

sotto lo sguardo terreo delle finestre spente.

 

Stendiamo i nostri corpi come due coperte

sopra campi soffici arati e profumati.

Ho gli occhi spalancati sul suo volto

che trattengo tra le mani

e sul sorriso immenso che rivolge all’universo.

Sotto un cielo chiaro di nuvole bianche

lei chiama le sue stelle e la bella luna

io verso nei bicchieri il vino dei ricordi.

 

Cantiamo forte in coro come gli ubriachi.

 

La vita – penso allora – non è forse

l’incanto ebro di una notte che sogna l’infinito?

I capelli

Sergio Cerchi, annunciazione

Dipinto di Sergio Cerchi

XXIII.

Capelli riccioluti sino alla scollatura!
Boccoli profumati carichi d’indolenza!
Estasi! Per popolare quest’oscura alcova
dei ricordi che dormono nella tua capigliatura
la scuoterò nell’aria come un fazzoletto.

La rovente Africa e la languida Asia,
tutto un mondo lontano, assente, quasi estinto,
vive nel tuo profondo, foresta di aromi!
Alcune anime navigano immerse nella musica,
la mia anima, amore, nuota nel tuo profumo.

Andrò laggiù dove colmi di linfa,
albero e uomo godono al calore dei climi.
Siate, forti trecce, l’onda che mi trascina!
Possiedi, mare d’ebano, il sogno meraviglioso
di vele, di vogatori, di bandiere e di alberi.

Un porto risonante, dove la mia anima beve
a vaste ondate profumi e suoni e colori,
dove vascelli scivolano sull’oro e sulla seta
e aprono ampie braccia per accogliere la gloria
d’un cielo puro e fremente d’eterno calore.

Affonderò la testa avida d’ebbrezza
nel tuo nero oceano dove l’altro è racchiuso;
e il mio sottile spirito cullato dal rollio
saprà ritrovarvi, o feconda pigrizia,
dondolii infiniti di piaceri odorosi!

O capelli blu, drappo teso di tenebre,
siete l’azzurro di un cielo immenso e rotondo;
sui bordi vellutati delle ciocche ondulate
con furore m’inebrio ai profumi confusi
di catrame, di muschio e di olio di cocco.

A lungo la mia mano nei tuoi spessi capelli
seminerà per sempre rubini zaffiri e perle
affinché tu non sia sorda al mio desiderio!
Non sei forse l’oasi in cui sogno e l’anfora
da cui bevo a gran sorsi il vino del ricordo?

Charles Baudelaire

(Traduzione di Marcello Comitini)

da “Spleen e Ideale”, in “I fiori del male 1857-1861”, Edizioni Caffè Tergeste, 2017

***

XXIII. La chevelure

Ô toison, moutonnant jusque sur l’encolure!
Ô boucles! Ô parfum chargé de nonchaloir!
Extase! Pour peupler ce soir l’alcôve obscure
Des souvenirs dormant dans cette chevelure,
Je la veux agiter dans l’air comme un mouchoir!

La langoureuse Asie et la brûlante Afrique,
Tout un monde lointain, absent, presque défunt,
Vit dans tes profondeurs, forêt aromatique!
Comme d’autres esprits voguent sur la musique,
Le mien, ô mon amour! nage sur ton parfum.

J’irai là-bas où l’arbre et l’homme, pleins de sève,
Se pâment longuement sous l’ardeur des climats;
Fortes tresses, soyez la houle qui m’enlève!
Tu contiens, mer d’ébène, un éblouissant rêve
De voiles, de rameurs, de flammes et de mâts:

Un port retentissant où mon âme peut boire
A grands flots le parfum, le son et la couleur;
Où les vaisseaux, glissant dans l’or et dans la moire,
Ouvrent leurs vastes bras pour embrasser la gloire
D’un ciel pur où frémit l’éternelle chaleur.

Je plongerai ma tête amoureuse d’ivresse
Dans ce noir océan où l’autre est enfermé;
Et mon esprit subtil que le roulis caresse
Saura vous retrouver, ô féconde paresse,
Infinis bercements du loisir embaumé!

Cheveux bleus, pavillon de ténèbres tendues,
Vous me rendez l’azur du ciel immense et rond;
Sur les bords duvetés de vos mèches tordues
Je m’enivre ardemment des senteurs confondues
De l’huile de coco, du musc et du goudron.

Longtemps! toujours! ma main dans ta crinière lourde
Sèmera le rubis, la perle et le saphir,
Afin qu’à mon désir tu ne sois jamais sourde!
N’es-tu pas l’oasis où je rêve, et la gourde
Où je hume à longs traits le vin du souvenir?

Charles Baudelaire

 

Ringrazio Titti de Luca per l’impaginazione.

Il miele dei ricordi

strade deserte revisione 02

marcello comitini, graphicart, 2015

Una ragazza dagli occhi neri e lucidi

tiene per mano il vecchio che le cammina a fianco

strascicando attento i suoi ricordi.

Tiene una sedia ripiegata sottobraccio

come un libro chiuso nell’attesa di una sosta.

Un bastone regge i passi lenti

lungo la strada dove nessuna voce grida,

dove dalle fessure di serrande alle finestre

gli occhi delle case guardano nel vuoto

storie di uomini smarritesi negli anni.

La ragazza poggia in un angolo la sedia

la dispiega al sole e lentamente il vecchio

siede e narra.

Legge tra le pagine del libro, sfoglia con stupore

immagini invisibili

scandisce con i gesti i giorni andati e il tempo.

Le parole, vibrano come api intorno al miele dei ricordi,

scorrono nell’aria, le inseguono le mani

ne disegnano i contorni, le trattengono.

nel timore di perderle nel nulla.

Terse, tiepide, rotonde volano sulle labbra alla ragazza,

le lasciano il sapore di un mondo sconosciuto

e tracce misteriose d’una felicità raggiunta.

Lei serra occhi e labbra, le ripete sorridendo,

vede all’improvviso la propria giovinezza

infrangersi nel fuoco del tramonto che le sta d’innanzi.