I toni di affascinante levità di questo secondo romanzo della bravissima Marcella Donagemma, introducono il lettore in un mondo elegante, in cui i personaggi si muovono con eleganza e dove anche i sentimenti vengono espressi con eleganza.
Con ciò non intendo riferirmi a un modo formale di scrivere ma a quegli intrecci armoniosi che l’autrice crea tra le parole scritte e i sentimenti evocati.
Questo è lo stile della narrazione che sa cesellare ogni scena con una precisione tale da permettere al lettore di raffigurarsi esattamente le azioni che si svolgono, i ruoli dei diversi personaggi, le relazioni reciproche e le loro reazioni mentali.
Questo modo di narrare potrebbe dar l’impressione d’essere frutto di pignoleria dell’autrice, ma è assente quella ridondanza propria della pignoleria. Meglio sarebbe definirlo puntuale se questa parola non avesse un retrogusto di freddezza. Allora va bene proustiano, ma senza rimpianti e al punto giusto, in quanto non appesantisce la narrazione con dettagli che farebbero smarrire il lettore o addirittura annoiarlo.
Il romanzo è scritto in prima persona e la protagonista, sin dalle prime righe, si presenta con la genuinità di una giovane donna che sente la necessità di liberarsi dal bisogno di fare pipì, ma è incalzata dal dover risolvere le difficoltà di sua sorella sulla soglia del suicidio.
Il linguaggio è moderno e ben tratteggia i singoli caratteri dei personaggi, rendendoli vivi e attuali, ed è perfettamente adatto alla descrizione degli ambienti che siano la sala d’attesa del pronto soccorso, le stanze di un appartamento o una boutique (c’è uno spettacolare “wow” a pag. 67) o locali mondani.
Rimane moderno, e sempre elegante nel senso prima chiarito, anche quando la protagonista deve affrontare il dramma interiore a causa del suicidio della sorella, i sensi di colpa, il vuoto.
O quando accenna al ricordo di certi cibi e usi orientali, alcuni disturbanti perché molto lontani e diversi dalle sue e nostre abitudini e gusti.
Levità e modernità sono così dense e diffuse in tutte le pagine del romanzo che il lettore, sembra un paradosso, dimentica quanto dolore faccia da presupposto a tutto il successivo svolgersi delle vicende.
È il dolore della protagonista che si sente colpevolmente responsabile del suicidio della sorella, cerca di capire perché tutto ciò sia capitato proprio a lei, quale sia il fine e si sforza di trovare un percorso che dia un senso a questa sua drammatica esperienza.
Un segnale sembra arrivarle in uno di quei sabati in cui andava a visitare la tomba della sorella.. Ed è lì che si sente toccare un braccio come se un sassolino l’avesse colpita. Si guarda intorno e si sofferma alla tomba di una giovane, scomparsa duecento anni prima e la cui lapide di marmo rammentava che la giovane morta a 23 anni, era dotata di un’indole superiore alla sua età e la sua esistenza era stata afflitta da tanti dolori.
Le due righe finali della lapide erano un’esortazione che la giovane rivolgeva ai suoi cari rassicurandoli che un Angelo l’aveva rapita e che si sarebbero rivisti “aldilà”.
Perché aldilà e non all’Aldilà, si chiede la protagonista. Intanto si accorge che da una piccola crepa accanto alla lapide sporge un biglietto e nel biglietto, che si rivela essere una lettera indirizzata alla giovane, è avvolta un’ossidiana.
Lettera e ossidiana si rivelano come due strumenti simbolici che accompagnano la narrazione e stanno all’origine inconscia (e per questo inattese) delle riflessioni sul mistero della vita/morte, delle coincidenze, fino alla lettera d’addio della sorella che viene rinvenuta in un secretaire (quasi il biglietto nella fessura della lapide).
Le vicende narrate sono numerose e tutte si trasformano in avventure dello spirito, che coinvolgono il lettore, e si arricchiscono con le riflessioni della protagonista. O forse è meglio sottolineare che le riflessioni sono patrimonio di tutti i personaggi sia perché le esprimono, sia perché le ispirano in chi legge con i loro discorsi, i loro atteggiamenti e consequenziali comportamenti.
Sono riflessioni che si manifestano improvvisamente e spingono il lettore a immedesimarsi, nei sentimenti di malinconia (della protagonista per l’assenza della sorella), di amicizia, di curiosità, di stupore e poi nel lasciarsi sempre più immergere nei pensieri sulla ricerca della serenità e dell’equilibrio spirituale.
Una brevissima nota va riservata infine al lieve vento d’amore tra la protagonista e un giovane che fa parte della cerchia dei suoi amici. Un vento lieve come il guardarsi negli occhi e il toccarsi delle dita.