
Un giorno segue senza sosta l’altro.
L’inverno è passato. Le luci di Natale si abbassarono
insieme alle stelle malandate
infilzate nelle varie vie dello shopping.
Carri di fiori apparvero sui marciapiedi bagnati,
le ceste di metallo pieni di cotogni e anemoni.
La fine andava e veniva.
O dovrei dire, a intervalli la fine si avvicinava;
sono passata attraverso di lei come un aereo passa attraverso una nuvola.
Dall’altro lato, l’insegna libero brillava ancora sopra la toilette.
Mia zia è morta. Mio fratello si è trasferito in America.
Sul mio polso, il quadrante dell’orologio luccicava nella falsa oscurità
(veniva proiettato un film).
Questa era la sua caratteristica speciale, una sorta di pulsazione bluastra
che ha reso i numeri di facile lettura, anche in assenza di luce.
Principesco, ho sempre pensato.
Eppure l’avanzare sereno della lancetta delle ore
non rappresentava più la mia percezione del tempo
che era diventato un senso di immobilità
espresso come movimento su grandi distanze.
La mano si mosse;
le dodici, mentre guardavo, rimasero sempre quelle.
In effetti il tempo era ormai l’ambiente in cui
ero contenuta con i miei compagni di viaggio,
come il neonato è contenuto nella sua robusta culla
o, per allungare il succo, come il nascituro
sguazza nel grembo materno.
Fuori dal grembo, la terra era scomparsa;
Potevo vedere bagliori di fulmini colpire l’ala.
Quando i miei soldi finirono,
sono andata a vivere per un po’
in una piccola casa sulla proprietà di mio fratello
nello stato del Montana.
Sono arrivata col buio;
all’aeroporto, i miei bagagli erano andati smarriti.
Mi sembrava di essermi mossa
non orizzontalmente ma piuttosto da un punto molto basso
a qualcosa di molto alto,
forse ancora nell’aria.
In effetti, il Montana era come la luna –
Mio fratello ha guidato con sicurezza sulla strada ghiacciata,
di tanto in tanto fermandosi a indicare
qualche rara costruzione.
Stavamo, per lo più, in silenzio.
Mi venne in mente che avevamo ripreso
le posizioni dell’infanzia,
le nostre gambe si toccavano, il volante
ora sostituiva il libro.
Eppure, nel senso più profondo, erano intercambiabili:
mio fratello non sempre aveva guidato,
se stesso e me, fuori dalla nostra squallida camera da letto
in una notte di rocce e laghi
punteggiata di spade che spuntavano qua e là –
Il cielo era nero. La terra era bianca e fredda.
Ho visto la notte svanire. Sopra il bianco della neve
il sole è sorto, tingendo la neve di uno strano colore rosato.
Poi siamo arrivati.
Restammo un po’ nella fredda sala, aspettando che ci riscaldassimo.
Mio fratello ha annotato la mia lista della spesa.
Sul viso di mio fratello
ondate di tristezza alternate a ondate di gioia.
Ho pensato, ovviamente, alla casa in Cornovaglia.
Le mucche, la monotona musica estiva delle campane –
Ho provato, come si può immaginare, un istante di puro terrore.
E poi mi sono ritrovata sola.
Il giorno successivo sono arrivate le mie valigie.
Ho disfatto le mie poche cose.
La fotografia dei miei genitori il giorno del loro matrimonio
a cui avevo aggiunto
una fotografia di mia zia nella sua giovinezza fallita, un souvenir
da lei amato e che mi aveva passato.
Oltre a questi, solo articoli da toeletta e farmaci,
insieme alla mia piccola collezione di abiti invernali.
Mio fratello mi ha portato libri e riviste.
Mi ha insegnato varie tecniche del nuovo mondo
di cui presto non avrei avuto più bisogno.
Eppure questo era per me il nuovo mondo:
non c’era nulla e non doveva succedere nulla.
La neve è caduta. Certi pomeriggi,
ho dato lezioni di disegno alla moglie di mio fratello.
Ad un certo punto ho ripreso a dipingere.
Impossibile formarsi
un qualsiasi giudizio sul valore dell’opera.
Basti dire che i dipinti erano
immensi e interamente bianchi. La vernice era spessa
e applicata con grandi pennellate irregolari –
Campi di bianco e squarci, bagliori
di blu, l’azzurro del cielo occidentale,
o quello che io stessa ho chiamato
quadrante blu. Mi parlava di un altro mondo.
Ho guidato la mia gente, diceva,
nel deserto
dove saranno purificati.
La moglie di mio fratello rimaneva affascinata.
A volte veniva mio nipote
(presto sarebbe diventato il mio compagno di vita).
Vedo, lei diceva, il volto di un bambino.
Intendeva, penso, quei sentimenti emanati dalla superficie,
sentimenti di impotenza o desolazione
Fuori cadeva la neve.
Ero stata, mi sentivo, accettata nella sua quiete.
E allo stesso tempo, ogni tocco era una decisione,
non una decisione consapevole, ma comunque una decisione,
come quando, ad esempio, l’assassino preme il grilletto.
Questo, sta dicendo. Questo è quello che intendo fare.
O forse, cosa devo fare.
Oppure questo è tutto quello che posso fare.
Qui, credo, finisce l’analogia
in una marea di giudizi morali.
Dopo, immagino, non ricorda nulla.
Allo stesso modo, non posso dire esattamente
come sono nati questi dipinti, anche se alla fine
ce n’erano molti, difficili da spedire a casa.
Quando sono tornata, Harry era con me.
È, credo, un ragazzo gentile
con un gusto per la vita domestica.
In effetti, ha imparato a cucinare da solo
nonostante l’esigenze del suo piano di studi.
Andiamo d’accordo. Spesso canta mentre fa il suo lavoro.
Così mia madre cantava (o, più probabilmente, così ha riferito mia zia).
Chiedo, spesso, qualche brano particolare a cui sono legata,
e lui lo impara. È, come ho detto,
un ragazzo premuroso. Le colline sono vive, canta,
ancora ed ancora. E a volte, nei miei stati d’animo più bui,
il Jacques Brel che mi ha stregata.
Il piccolo gatto è morto, nel senso, suppongo,
d’ultima speranza.*
Il gatto è morto, canta Harry,
sarà inutile senza il suo corpo.
Questo, nella voce di Harry, è profondamente rilassante.
A volte la sua voce trema, come per una grande emozione,
e poi per un po’ le colline sono vive copre
il gatto è morto.
Ma non dobbiamo, sostanzialmente, scegliere tra di loro.
Tuttavia, le canzoni più oscure lo suscitano; ogni verso acquista variazioni.
Il gatto è morto: chi premerà, ora,
il suo cuore sul mio cuore per scaldarmi?
La fine della speranza, penso che significhi,
eppure nella voce di Harry sembra che una grande porta si stia aprendo –
Il gatto innevato scompare tra i rami alti;
Cosa vedrò quando lo seguirò?
Louise Glück, Faithful and Virtuous Night, Farrar, Straus and Giroux. 2014
traduzione di Marcello Comitini
* Fa riferimento al paradosso di Schrödinger