Molto bello e originale, sfiora o meglio è poesia. Hai saputo creare l’incanto di un amore non troppo felice ma pieno di nostalgia, in cui il lettore si sente coinvolto al punto da non saper scegliere se essere uno degli oggetti o il dio-uomo che li aiuta e li protegge, tanto tutti i protagonisti sono intrisi di umanità vibrante.
Sapete quelle tazzine da tè o caffè, che si tengono chiuse nelle vetrinette degli armadi, quelle per gli ospiti. Di solito stanno lì per decenni. Non si buttano perché ormai fanno parte della famiglia. Mi ero accorto che una di queste, quella con il bordo nero, si era innamorata di una bottiglia blu, ugualmente inutile, che avevo sul frigo. La tazzina in questione si spostava verso il vetro fumé della vetrina, con passi lenti da tazzina. E la bottiglia, una dal collo lungo, il numero tre di una collezione firmata da Dalì, era più luminosa delle altre due sorelle. Così un giorno decisi di organizzare una cena a due. Misi la tazzina e la bottiglia sul tavolo, a lume di candela, preparai del tè e una brocca di vino e le lasciai sole per tutta la notte. Il mattino, avevano bevuto tutto il vino, dormivano abbracciate al bordo del tavolo…
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