Orizzonti lontani

Un sentiero sul fianco della collina
sotto la scura chioma di un pino
contro il rosso del cielo.
Non un paesaggio della mia terra
ma un‘immagine tornata come la memoria
di un quadro visto chissà dove
in compagnia di non rammento chi.
Cerco di ricordare. Se mi voltassi indietro
vedrei una sconosciuta
guardare insieme a me
il sentiero tracciato sulla collina
sotto la chioma scura del pino.
Distesi alla sua ombra
l’ariosa pioggia della sua risata
accresceva gli spazi innanzi a noi.
Sento il tepore
delle sue guance tra le mie mani
e m’invade la chiarità del cielo
che palpitava nei suoi occhi.
Era il ricordo della mia infanzia
il presagio del mio futuro irrealizzato.
Alla luce rossa dell’alba
il suo corpo traspariva dall’abito
come dalle nuvole il pallore della luna .
La sua bocca era vicina profumata
alle mie labbra. Quanta distanza
tra la purezza offerta
e il mio cuore tenebroso e avido.
Perché ho rinunciato all’incantesimo?
Verso quali orizzonti lontani
mi spingeva la fiamma dei desideri?
Mi volto a guardare. Non c’è ombra
della sconosciuta
non c’è sentiero che mi riporti indietro.

Nel vento

DigitalArt di Marcello Comitini

Nel tempo e nello spazio
sei tra le mie braccia, nuvola che fuggi
spinta via dal vento e fuggendo
piangi l’essenza che si scioglie.
Dall’alto vedi gli alberi contorcersi
nello sforzo di staccare le radici e volare,
l’erba selvatica bere allegramente le tue lacrime,
la città fusa nel vetro come una pietra lucida
dal cuore freddo e immobile
che attende il tuo svanire.
Uomini che imprecano a te e al vento
all’ottuso scorrere del tempo
altri che inneggiano e vorrebbero strapparsi
dalla terra essere come te che fuggi.
Ma senz’orma il vento ti dissipa
e ti dimenticano gli uomini in cerca altrove
di un avversario o di un conforto.
Rimani tra le mie braccia come un sogno pensato
come un’immagine della vita e dell’uomo
paurosi e fragili, spinti dal vento inesorabile.

Stefanie Golisch, Limite nivale

Dove finisce la neve possiamo noi
cominciare come se fosse necessario
un confine, ma forse siamo noi stessi
la neve che si attende, la mia è la storia
di tutti, sono la bocca che dice sì e no,
il cuore che si dona al primo che passa,
ansioso di commettere errori, sono il
ricordo che si vergogna, la parola
scordata appena venuta al mondo,
sono la neve, l’attesa, le ore, l’ora,
ora.

Stefanie Golisch, nata in Germania, vive, legge e scrive dal 1988 in Italia. L’ultima pubblicazione: Rachel Bespaloff, Die Illias, Berlin, 2019. ( a cura di SG).

Louise Glück, Epilogo (11)

DigitalArt di Marcello Comitini

Leggendo quello che ho appena scritto, adesso credo
d’essermi fermata precipitosamente, così che la mia storia sembra essere stata
leggermente distorta, terminando, come accadde, non bruscamente
ma in una specie di nebbia artificiale come quella
diffusa sui palchi per consentire difficili cambi di scena.

Perché mi sono fermata? Un qualche istinto
ha percepito una forma, l’artista in me
che è intervenuta per fermare il flusso, per così dire?

Una forma. O il destino, come dicono i poeti,
intuìto in quelle poche ore lontane –

Devo averlo pensato una volta.
Eppure il termine non mi piace
mi sembra una stampella, una fase,
l’adolescenza della mente, forse –

Tuttavia, era un termine che ho usato io stessa,
spesso per spiegare i miei fallimenti.
Fato, destino, i cui disegni e avvertimenti
ora mi sembrano semplicemente
simmetrie locali, metonimiche
palline in un’immensa confusione –

Il caos, era quello che ho visto.
Il mio pennello si è bloccato: non riuscivo a dipingerlo.

Oscurità, silenzio: quella era la sensazione.

Come lo chiamavamo allora?
Una “crisi di visione” corrispondente, credevo,
all’albero che hanno affrontato i miei genitori,

ma mentre loro sono stati costretti
a penetrare nell’ostacolo,
io mi sono ritirata o sono fuggita –

La nebbia copriva il palco (la mia vita).
I personaggi andavano e venivano, i costumi venivano cambiati,
la mia mano pennello si mosse da un lato all’altro
lontano dalla tela,
da un lato all’altro, come un tergicristallo.

Sicuramente questo era il deserto, la notte oscura.
(In realtà, una strada affollata di Londra,
i turisti che sventolavano le loro mappe colorate.)

Si dice una parola: Io.
Fuori da questi argini
le grandi forme –

Ho tratto un respiro profondo. E mi è venuto in mente
che la persona che ha tratto quel respiro
non era la persona della mia storia, la sua mano infantile
brandiva con sicurezza il pastello –

Quella persona ero io? Una bambina ma anche
un esploratrice per la quale il sentiero è improvvisamente sgombro e
la vegetazione le si apre innanzi –

E oltre, non più schermata alla vista, lei esaltava
la solitudine forse sperimentata da Kant
sulla strada per i ponti –
(Condividiamo un compleanno.)

Fuori, le strade in festa
erano imbrigliate, alla fine di gennaio, da luci natalizie stremate.
Una donna si è appoggiata alla spalla del suo amante
cantando Jacques Brel nel suo debole soprano –

Bravo! la porta è chiusa.
Ora niente fugge, niente entra –

Non mi ero mossa. Ho sentito il deserto
allungarsi in avanti, allungarsi (ora sembra)
da tutte le parti, spostandosi mentre parlo,

così che ero costantemente
faccia a faccia con il vuoto, quello
figliastro del sublime,

che, si scopre,
è stato sia il mio soggetto che il mio mezzo.

Cosa avrebbe detto il mio gemello, se i miei pensieri
lo avessero raggiunto?

Forse avrebbe detto
che nel mio caso non c’era nessun ostacolo (tanto per dire qualcosa)
dopo di che sarei stata
deferita alla religione, il cimitero dove
le domande di fede trovano risposta.

La nebbia si era diradata. Le tele vuote
sono state girate con la faccia verso il muro.

Il piccolo gatto è morto (così diceva la canzone).

Devo risorgere dalla morte, chiede lo spirito.
E il sole dice di sì.
E il deserto risponde
la tua voce è sabbia sparsa nel vento.

Louise Glück, Faithful and Virtuous Night, Farrar, Straus and Giroux. 2014
© traduzione di Marcello Comitini.

Vuoto (Ita – FR – Eng – Esp)

Vuoto
com’è vuoto un pozzo
senza fondo infinitamente
senza tempo.
Afferrandomi
saldamente alle labbra screpolate
della sua bocca
mi affaccio e grido
nel buio dell’assurdo
senza colore senza suoni.
M’invade il profumo
di terra marcia e la paura
che rimbalza dalle pareti
l’eco
di somigliargli.

Vide
comme un puits est vide
sans fond infiniment
intemporel.
Me saisissant
fermement aux lèvres gercées
de sa bouche
Je regarde dehors et crie
dans l’obscurité de l’absurde
sans couleur sans sons.
Le parfum m’envahit
de terre pourrie et le peur
que l’écho
rebondit sur les murs
de lui ressembler.

Empty
how empty pit is
a bottomless, infinitely
timeless.
Grabbing me
firmly to chapped lips
of his mouth
I look out and cry
in the darkness of the absurd
without color without sound.
The perfume invades me
of rotten earth and the fear
that echo
bounces off the walls
of resemble him.

Vacío
que vacío está un pozo
sin fondo, infinitamente
eterno.
Agarrándome
firmemente a los labios agrietados
de su boca
Miro y lloro
en la oscuridad del absurdo
sin color sin sonido.
El perfume me invade
de tierra podrida y el miedo
que el eco
rebota en las paredes
de parecerse a él.

Donne sole, recensione di Ylenia Gabriele

Donne Sole è una raccolta di poesie scritte da un uomo sulle donne. È un inno alla femminilità, condotto con un tocco di eleganza, di semplicità e di erotismo senza mai sfociare nella volgarità.

Sono donne innamorate di un uomo ma anche dei ricordi e del passato, e soprattutto del valore della propria femminilità.

Hanno dai 16 anni ai 40, quell’arco di tempo in cui ogni donna si rende bella per sé stessa e per piacere agli altri, cura il fisico, usa creme. Ma l’aspetto fisico – dice l’autore (e con lui convengo) – non è importante quanto l’anima. Essa sarà ed è sempre bella a prescindere. Non conta il fisico, perché ogni donna è bella a modo suo. Ciò che conta è il suo essere, il suo carattere e i suoi pensieri.

Sono poesie che non esprimono giudizi ma invitano alla riflessione sul mondo intimo femminile. Sono rimasta particolarmente colpita da come l’autore abbia saputo esprimere questi concetti in maniera così elegante e genuina, anche quando i versi trattano di donne che si sottomettono alle voglie sado-maso del compagno.

Un inno dunque alle donne come quello che Alda Merini dedicava al genere femminile, E come diceva Alda: “La sensibilità non è donna, la sensibilità è umana. Quando la trovi in un uomo diventa poesia”.

In effetti il libro contiene poesie che ho molto amato, in particolare “Il mio sorriso è una farfalla, “Ho posato”, “La luce prigioniera nella stanza” e “Cosa dicono le donne affacciate alla finestra”. Ma tutte hanno qualcosa (una descrizione, una riflessione, un verso) che incantano e invitano alla lettura.
Ylenia Gabriele su Instagram Sfogliarsi
https://www.instagram.com/sfogliarsi/

Ai piedi di un solo albero, di Barbara Auzou (Fr – Ita)

Photo du blog de Barbara, traitée graphiquement par moi

I

ici commence le territoire

le retrait effronté des plus belles fleurs a ouvert des volières

le sang s’est fait plus léger comme des tâches de soleil sur l’enfance

dans le luth des respirations en renaît l’ardeur et cet amour qui va

au-delà toujours de ce qu’il aime

la lune dans nos paumes enchâssées nous a fait un corps de tendre laine

et d’écorces

chercheuses d’or et de silences occupées à caresser le cercle parfait

des heures hautes

concluant une paix avec la nécessaire frivolité du voyage

nous ne savions pas alors qu’avec force à nos bouches éclaterait

l’aromate de toutes les légendes au pied d’un seul arbre

II

dans ce monde où les enfants dorment mal

au lieu d’explorer librement l’espace

me réveiller pour m’endormir encore

épuiser le capital d’images de mes rêves totalitaires

de tes mains la trace le corps et puis la pluie messagère

le soleil passé dans les claies je suis

une églantine sur une pirogue de verre

tout est là

dans un seul bouleau je bois l’âme de tous les cocotiers

la mer et ses filles et le sanglot des fleurs

je tremble de terre

quand les oiseaux s’ éprennent de hauteurs

Barbara Auzou, Au pied d’un seul arbre

Page originale – I – ICI

Page originale – II – ICI


I

qui inizia il territorio

il ritrarsi sfacciato dei fiori più belli ha aperto le voliere

il sangue si è fatto più lieve come macchie di sole sull’infanzia

nel flauto dei fiati rinasce l’ardore e questo amore che va

sempre al di là di ciò che ama

la luna chiusa nelle nostre palme ha reso i nostri corpi

di tenera lana e cortecce

cercatrici d’oro e di silenzi intenti a carezzare il cerchio

perfetto delle ore piene

stipulando una pace con la necessaria frivolezza del viaggio

allora non sapevamo con quale forza dalle nostre bocche sarebbero esplosi

gli aromi di tutte le leggende ai piedi di un unico albero

II

in questo mondo dove i bambini dormono male

invece di esplorare liberamente lo spazio

mi sveglio per addormentarmi di nuovo

esaurisco il capitale d’immagini dei miei sogni assoluti

delle tue mani la traccia il corpo e poi la pioggia messaggera

il sole filtrato dal reticolo io sono

una rosa selvatica su una canoa di vetro

è tutto qui

in un’unica betulla bevo l’anima di tutte le palme da cocco

il mare e le sue figlie e il pianto dei fiori

io tremo profondamente

quando gli uccelli si innamorano delle altezze

Barbara Auzou, Ai piedi di un solo albero, traduzione di Marcello Comitini.

Versi di Speranza (Ita – FR – Eng – Esp)

Benedetto Bonfigli, Adorazione dei Magi, 1465.

Sono stato pregato di scrivere versi che, almeno per Natale, esprimessero speranza (che nei miei versi è molto raro trovare)..
Ho pensato che fosse opportuno esaudire la richiesta.
In realtà il Natale è stato sempre collegato alla Croce, come testimonia anche questo dipinto del 1465.
La croce è simbolo di salvezza per l’umanità, ma l’uomo è veramente in grado di comprendere?

– – – – – – – –

On m’a demandé d’écrire des vers qui, au moins pour Noël, exprimaient l’espoir (qui est très rare à trouver dans mes vers).
J’ai pensé qu’il était approprié d’exaucer la demande.
En réalité, Noël a toujours été lié à la Croix, comme en témoigne également ce tableau de 1465.
La croix est un symbole de salut pour l’humanité, mais l’homme est-il vraiment capable de comprendre?

– – – – – – – –

I was asked to write verses that, at least for Christmas, expressed hope (which is very rare to find in my verses).
I thought it was appropriate to grant the request.
In reality, Christmas has always been connected to the Cross, as this painting from 1465 also testifies.
The cross is a symbol of salvation for humanity, but is man really able to understand?

– – – – – – – –

Se me pidió que escribiera versos que, al menos para Navidad, expresaran esperanza (lo cual es muy raro de encontrar en mis versos).
Pensé que era apropiado conceder la solicitud.
En realidad, la Navidad siempre ha estado ligada a la Cruz, como también atestigua este cuadro de 1465.
La cruz es un símbolo de salvación para la humanidad, pero ¿es el hombre realmente capaz de comprender?

Versi di speranza?

Almeno nel Natale vorrei accendere una luce
di speranza nei miei versi
come la cometa che brillava – dicono – sulla capanna.
La nascita del bambino nella mangiatoia
tra animali miti e povera gente
ha annunciato il sorgere d’un nuovo giorno
ai cuori stremati dal desiderio d’amore e giustizia.
Questo è l’angelo – diceva in coro la povera gente –
che farà tremare ogni certezza e il Giusto
guaritore da ogni arroganza.
Un giorno di letizia? Un cambiamento epocale?
Li scriverei davvero versi colmi di speranza!

O la nascita è l’annuncio della terribile croce?

So bene che l’essere umano
– spirito crudele del gregge di cui sono parte anch’io –
nella sua irremovibile indifferenza
proverebbe senza indugio a cancellarli.

L’ombra insanguinata della croce
raccoglie e cela agli occhi degli indifferenti
i poveri, i diseredati, gli affamati d’amore.
Le loro grida senza voce, le vane invocazioni speranzose
convincono il gregge che l’indifferenza
è il solo strumento per l’immortalità.
È per i pochi la nascita, per loro la croce
che uniti li condurrà
nei cieli della vera essenza. Speranza di vita dopo la vita.
Pochi gli eletti.
Gli altri – il gregge umano – dannati alle pene dell’inferno.

Potrei davvero
scrivere versi colmi di speranza?


Poème d’espoir?

Au moins à Noël, j’aimerais allumer une étoile
d’espoir dans mes poèmes
comme la comète qui brillait – on dit – sur la hutte.
La naissance de l’enfant dans la crèche
entre les animaux doux et les pauvres
a annoncé l’aube d’un nouveau jour
aux cœurs épuisés par le désir d’amour et de justice.
Il est l’ange – disaient les pauvres en chœur –
qui ébranlera toute certitude et le Juste
guérisseur de toute arrogance.
Une journée de bonheur? Un changement historique?
J’écrirais vraiment des poèmes pleins d’espoir!

Ou la naissance est-elle l’annonce de la terrible croix?

Je sais bien que l’être humain –
esprit cruel du troupeau dont je fais également partie –
dans son indifférence inébranlable
il essaierait de les supprimer sans délai.

L’ombre sanglante de la croix
recueille et cache aux yeux des indifférents
les pauvres, les dépossédés, les affamés d’amour.
Leurs cris sans voix, les vaines invocations pleines d’espoir
ils convainquent le troupeau que l’indifférence
c’est le seul moyen d’immortalité.
La naissance est pour quelques-uns, pour eux la croix
qui les conduira tous ensemble
dans les cieux de la vraie essence. Espérance de vie après la vie.
Peux sont les élus.
Les autres – le troupeau humain – condamnés aux douleurs de l’enfer.

Pourrais-je vraiment
écrire des poèmes pleines d’espoir?


Poem of hope?

At least in Christmas I would like to turn on a light
of hope in my poem
like the comet that shone – they say – on the hut.
The birth of the child in the manger
between mild animals and poor people,
he announced the dawn of a new day
to hearts exhausted by the desire for love and justice.
This is the angel – the poor people said in chorus –
who will shake all certainty and the Just
healer from all arrogance.
A day of happiness? An historical change?
I would really write them a poem full of hope!

Or is birth the announcement of the terrible cross?

I know well that the human being –
cruel spirit of the flock of which I am also a part –
in his unshakable indifference
he would try to delete them without delay.

The bloody shadow of the cross
collects and hides from the eyes of the indifferent
the poor, the dispossessed, the hungry for love.
Their voiceless cries, the vain hopeful invocations
they convince the flock that indifference
is the only tool for immortality.
Birth is for the few, for them the cross.
who united will lead them
in the skies of true essence. Life expectancy after life.
Few are the elected.
The others – the human flock – damned to the pains of hell.

I really could
write a poem full of hope?


¿Poema de esperanza?

Al menos en Navidad me gustaría encender una luz
de esperanza en mis versos
como el cometa que brilló – dicen – en la choza.
El nacimiento del niño en el pesebre.
entre animales apacibles y gente pobre, anunció el amanecer de un nuevo día
a corazones agotados por el deseo de amor y justicia.
Este es el ángel – decían los pobres a coro –
Quien sacudirá toda certeza y al Justo Sanador de toda arrogancia.
¿Un día de felicidad? ¿Un cambio histórico?
¡Realmente escribiría lo versos llenos de esperanza!

¿O es el nacimiento el anuncio de la terrible cruz?

Yo se bien que el ser humano –
espíritu cruel del rebaño del que también soy parte –
en su indiferencia inquebrantable
intentaría borrarlos sin demora.

La sombra sangrienta de la cruz
acumula y esconde de los ojos de los indiferentes
los pobres, los desposeídos, los hambrientos de amor.
Sus gritos sin voz, las vanas invocaciones esperanzadas
convencen al rebaño de que la indiferencia
es la única herramienta para la inmortalidad.
El nacimiento es para los pocos, para ellos la cruz.
que unidos los guiará
en los cielos de la verdadera esencia. Esperanza de vida después de la vida.
Pocos los elegidos.
Los otros – el rebaño humano – condenados a los dolores del infierno.

Realmente podría
escribir versos llenos de esperanza?

Sans retenir, di Niala-Loisobleu

Oeuvre de Niala Loisobleu

Ho avuto il piacere di tradurre, e adesso di condividere, questi versi dell’amico Alain (Niala Loisobleu), blogger, pittore e poeta che pubblica sul blog che troverete QUI (o QUI , per scoprire i suoi quadri).

Sono tre versi, che esprimono con efficacia, nella loro sinteticità, le difficoltà che incontriamo nella nostra vita e i necessari compromessi.

Lasciare del grido almeno il dolore che si rapprende

Sussultando come un malato

Che cerca di ritrovare la tua via in una rigida accondiscendenza.

Niala-Loisobleu – traduzione di Macello Comitini.


Lâcher au moins du cri la douleur qu’il amasse

En se rebondissant dessus comme un malade

Qui cherche à retrouver ta voie dans l’inestensibles élasticité

Niala-Loisobleu – 15 Décembre 2020

Povero cuore (IT – FR – ENG – ESP)


Povero mio cuore che ti dibatti
tra amori perduti e la vita consumata
nel desiderio di essere e il non apparire.
Come me che scrivo versi che si perdono
fra i rami delle notti.
Ma che importanza può avere
splendere come la luna dietro alberi ombrosi?
Al suo affacciarsi i volti guardano la fatua
luccicante menzogna
degli acquari umani dove annegano
saggezza e dolore come cenere
come schiuma come niente.


Pauvre coeur

Mon pauvre cœur qui lutte
entre les amours perdues et la vie gaspillée
dans le désir d’être et de ne pas apparaître.
Comme moi, qui écris des poèmes, qui se perdent
dans les branches des nuits.
Mais quelle est l’importance de briller
comme la lune derrière des arbres ombragés?
À son apparition, les visages regardent
le mensonge luisant
des aquariums humains
où la sagesse et la douleur se noient comme des cendres
comme de la mousse comme le rien.


Poor heart

My poor heart struggling
between lost loves and life wasted
in the desire to be and not to appear.
Like me, who write poems that are lost
in the branches of the nights.
But what is the importance
of shining like the moon behind shady trees?
At his appearance the faces look
at the fatuous shining lie,
of human aquariums
where wisdom and pain drown like ashes
like foam like nothing.


Pobre Corazon

Mi pobre corazon qui luchas
entre amores perdidos y vida desperdiciada
en el deseo de ser y no aparecer.
Como yo, que escribo poemas que se pierden
en las ramas de las noches.
Pero, ¿cuál es la importancia de brillar
como la luna detrás de los árboles sombreados?
En su aparición los rostros miran la fatua
mentira resplandeciente
de acuarios humanos
donde la sabiduría y el dolor se ahogan como cenizas
como espuma como nada.