Un sentiero sul fianco della collina sotto la scura chioma di un pino contro il rosso del cielo. Non un paesaggio della mia terra ma un‘immagine tornata come la memoria di un quadro visto chissà dove in compagnia di non rammento chi. Cerco di ricordare. Se mi voltassi indietro vedrei una sconosciuta guardare insieme a me il sentiero tracciato sulla collina sotto la chioma scura del pino. Distesi alla sua ombra l’ariosa pioggia della sua risata accresceva gli spazi innanzi a noi. Sento il tepore delle sue guance tra le mie mani e m’invade la chiarità del cielo che palpitava nei suoi occhi. Era il ricordo della mia infanzia il presagio del mio futuro irrealizzato. Alla luce rossa dell’alba il suo corpo traspariva dall’abito come dalle nuvole il pallore della luna . La sua bocca era vicina profumata alle mie labbra. Quanta distanza tra la purezza offerta e il mio cuore tenebroso e avido. Perché ho rinunciato all’incantesimo? Verso quali orizzonti lontani mi spingeva la fiamma dei desideri? Mi volto a guardare. Non c’è ombra della sconosciuta non c’è sentiero che mi riporti indietro.
Nel tempo e nello spazio sei tra le mie braccia, nuvola che fuggi spinta via dal vento e fuggendo piangi l’essenza che si scioglie. Dall’alto vedi gli alberi contorcersi nello sforzo di staccare le radici e volare, l’erba selvatica bere allegramente le tue lacrime, la città fusa nel vetro come una pietra lucida dal cuore freddo e immobile che attende il tuo svanire. Uomini che imprecano a te e al vento all’ottuso scorrere del tempo altri che inneggiano e vorrebbero strapparsi dalla terra essere come te che fuggi. Ma senz’orma il vento ti dissipa e ti dimenticano gli uomini in cerca altrove di un avversario o di un conforto. Rimani tra le mie braccia come un sogno pensato come un’immagine della vita e dell’uomo paurosi e fragili, spinti dal vento inesorabile.
Dove finisce la neve possiamo noi cominciare come se fosse necessario un confine, ma forse siamo noi stessi la neve che si attende, la mia è la storia di tutti, sono la bocca che dice sì e no, il cuore che si dona al primo che passa, ansioso di commettere errori, sono il ricordo che si vergogna, la parola scordata appena venuta al mondo, sono la neve, l’attesa, le ore, l’ora, ora.
Stefanie Golisch, nata in Germania, vive, legge e scrive dal 1988 in Italia. L’ultima pubblicazione: Rachel Bespaloff, Die Illias, Berlin, 2019. ( a cura di SG).
Leggendo quello che ho appena scritto, adesso credo d’essermi fermata precipitosamente, così che la mia storia sembra essere stata leggermente distorta, terminando, come accadde, non bruscamente ma in una specie di nebbia artificiale come quella diffusa sui palchi per consentire difficili cambi di scena.
Perché mi sono fermata? Un qualche istinto ha percepito una forma, l’artista in me che è intervenuta per fermare il flusso, per così dire?
Una forma. O il destino, come dicono i poeti, intuìto in quelle poche ore lontane –
Devo averlo pensato una volta. Eppure il termine non mi piace mi sembra una stampella, una fase, l’adolescenza della mente, forse –
Tuttavia, era un termine che ho usato io stessa, spesso per spiegare i miei fallimenti. Fato, destino, i cui disegni e avvertimenti ora mi sembrano semplicemente simmetrie locali, metonimiche palline in un’immensa confusione –
Il caos, era quello che ho visto. Il mio pennello si è bloccato: non riuscivo a dipingerlo.
Oscurità, silenzio: quella era la sensazione.
Come lo chiamavamo allora? Una “crisi di visione” corrispondente, credevo, all’albero che hanno affrontato i miei genitori,
ma mentre loro sono stati costretti a penetrare nell’ostacolo, io mi sono ritirata o sono fuggita –
La nebbia copriva il palco (la mia vita). I personaggi andavano e venivano, i costumi venivano cambiati, la mia mano pennello si mosse da un lato all’altro lontano dalla tela, da un lato all’altro, come un tergicristallo.
Sicuramente questo era il deserto, la notte oscura. (In realtà, una strada affollata di Londra, i turisti che sventolavano le loro mappe colorate.)
Si dice una parola: Io. Fuori da questi argini le grandi forme –
Ho tratto un respiro profondo. E mi è venuto in mente che la persona che ha tratto quel respiro non era la persona della mia storia, la sua mano infantile brandiva con sicurezza il pastello –
Quella persona ero io? Una bambina ma anche un esploratrice per la quale il sentiero è improvvisamente sgombro e la vegetazione le si apre innanzi –
E oltre, non più schermata alla vista, lei esaltava la solitudine forse sperimentata da Kant sulla strada per i ponti – (Condividiamo un compleanno.)
Fuori, le strade in festa erano imbrigliate, alla fine di gennaio, da luci natalizie stremate. Una donna si è appoggiata alla spalla del suo amante cantando Jacques Brel nel suo debole soprano –
Bravo! la porta è chiusa. Ora niente fugge, niente entra –
Non mi ero mossa. Ho sentito il deserto allungarsi in avanti, allungarsi (ora sembra) da tutte le parti, spostandosi mentre parlo,
così che ero costantemente faccia a faccia con il vuoto, quello figliastro del sublime,
che, si scopre, è stato sia il mio soggetto che il mio mezzo.
Cosa avrebbe detto il mio gemello, se i miei pensieri lo avessero raggiunto?
Forse avrebbe detto che nel mio caso non c’era nessun ostacolo (tanto per dire qualcosa) dopo di che sarei stata deferita alla religione, il cimitero dove le domande di fede trovano risposta.
La nebbia si era diradata. Le tele vuote sono state girate con la faccia verso il muro.
Il piccolo gatto è morto (così diceva la canzone).
Devo risorgere dalla morte, chiede lo spirito. E il sole dice di sì. E il deserto risponde la tua voce è sabbia sparsa nel vento.
Vuoto com’è vuoto un pozzo senza fondo infinitamente senza tempo. Afferrandomi saldamente alle labbra screpolate della sua bocca mi affaccio e grido nel buio dell’assurdo senza colore senza suoni. M’invade il profumo di terra marcia e la paura che rimbalza dalle pareti l’eco di somigliargli.
Vide comme un puits est vide sans fond infiniment intemporel. Me saisissant fermement aux lèvres gercées de sa bouche Je regarde dehors et crie dans l’obscurité de l’absurde sans couleur sans sons. Le parfum m’envahit de terre pourrie et le peur que l’écho rebondit sur les murs de lui ressembler.
Empty how empty pit is a bottomless, infinitely timeless. Grabbing me firmly to chapped lips of his mouth I look out and cry in the darkness of the absurd without color without sound. The perfume invades me of rotten earth and the fear that echo bounces off the walls of resemble him.
Vacío que vacío está un pozo sin fondo, infinitamente eterno. Agarrándome firmemente a los labios agrietados de su boca Miro y lloro en la oscuridad del absurdo sin color sin sonido. El perfume me invade de tierra podrida y el miedo que el eco rebota en las paredes de parecerse a él.
Donne Sole è una raccolta di poesie scritte da un uomo sulle donne. È un inno alla femminilità, condotto con un tocco di eleganza, di semplicità e di erotismo senza mai sfociare nella volgarità.
Sono donne innamorate di un uomo ma anche dei ricordi e del passato, e soprattutto del valore della propria femminilità.
Hanno dai 16 anni ai 40, quell’arco di tempo in cui ogni donna si rende bella per sé stessa e per piacere agli altri, cura il fisico, usa creme. Ma l’aspetto fisico – dice l’autore (e con lui convengo) – non è importante quanto l’anima. Essa sarà ed è sempre bella a prescindere. Non conta il fisico, perché ogni donna è bella a modo suo. Ciò che conta è il suo essere, il suo carattere e i suoi pensieri.
Sono poesie che non esprimono giudizi ma invitano alla riflessione sul mondo intimo femminile. Sono rimasta particolarmente colpita da come l’autore abbia saputo esprimere questi concetti in maniera così elegante e genuina, anche quando i versi trattano di donne che si sottomettono alle voglie sado-maso del compagno.
Un inno dunque alle donne come quello che Alda Merini dedicava al genere femminile, E come diceva Alda: “La sensibilità non è donna, la sensibilità è umana. Quando la trovi in un uomo diventa poesia”.
In effetti il libro contiene poesie che ho molto amato, in particolare “Il mio sorriso è una farfalla, “Ho posato”, “La luce prigioniera nella stanza” e “Cosa dicono le donne affacciate alla finestra”. Ma tutte hanno qualcosa (una descrizione, una riflessione, un verso) che incantano e invitano alla lettura. Ylenia Gabriele su Instagram Sfogliarsi https://www.instagram.com/sfogliarsi/
Sono stato pregato di scrivere versi che, almeno per Natale, esprimessero speranza (che nei miei versi è molto raro trovare).. Ho pensato che fosse opportuno esaudire la richiesta. In realtà il Natale è stato sempre collegato alla Croce, come testimonia anche questo dipinto del 1465. La croce è simbolo di salvezza per l’umanità, ma l’uomo è veramente in grado di comprendere?
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On m’a demandé d’écrire des vers qui, au moins pour Noël, exprimaient l’espoir (qui est très rare à trouver dans mes vers). J’ai pensé qu’il était approprié d’exaucer la demande. En réalité, Noël a toujours été lié à la Croix, comme en témoigne également ce tableau de 1465. La croix est un symbole de salut pour l’humanité, mais l’homme est-il vraiment capable de comprendre?
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I was asked to write verses that, at least for Christmas, expressed hope (which is very rare to find in my verses). I thought it was appropriate to grant the request. In reality, Christmas has always been connected to the Cross, as this painting from 1465 also testifies. The cross is a symbol of salvation for humanity, but is man really able to understand?
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Se me pidió que escribiera versos que, al menos para Navidad, expresaran esperanza (lo cual es muy raro de encontrar en mis versos). Pensé que era apropiado conceder la solicitud. En realidad, la Navidad siempre ha estado ligada a la Cruz, como también atestigua este cuadro de 1465. La cruz es un símbolo de salvación para la humanidad, pero ¿es el hombre realmente capaz de comprender?
Versi di speranza?
Almeno nel Natale vorrei accendere una luce di speranza nei miei versi come la cometa che brillava – dicono – sulla capanna. La nascita del bambino nella mangiatoia tra animali miti e povera gente ha annunciato il sorgere d’un nuovo giorno ai cuori stremati dal desiderio d’amore e giustizia. Questo è l’angelo – diceva in coro la povera gente – che farà tremare ogni certezza e il Giusto guaritore da ogni arroganza. Un giorno di letizia? Un cambiamento epocale? Li scriverei davvero versi colmi di speranza!
O la nascita è l’annuncio della terribile croce?
So bene che l’essere umano – spirito crudele del gregge di cui sono parte anch’io – nella sua irremovibile indifferenza proverebbe senza indugio a cancellarli.
L’ombra insanguinata della croce raccoglie e cela agli occhi degli indifferenti i poveri, i diseredati, gli affamati d’amore. Le loro grida senza voce, le vane invocazioni speranzose convincono il gregge che l’indifferenza è il solo strumento per l’immortalità. È per i pochi la nascita, per loro la croce che uniti li condurrà nei cieli della vera essenza. Speranza di vita dopo la vita. Pochi gli eletti. Gli altri – il gregge umano – dannati alle pene dell’inferno.
Potrei davvero scrivere versi colmi di speranza?
Poème d’espoir?
Au moins à Noël, j’aimerais allumer une étoile d’espoir dans mes poèmes comme la comète qui brillait – on dit – sur la hutte. La naissance de l’enfant dans la crèche entre les animaux doux et les pauvres a annoncé l’aube d’un nouveau jour aux cœurs épuisés par le désir d’amour et de justice. Il est l’ange – disaient les pauvres en chœur – qui ébranlera toute certitude et le Juste guérisseur de toute arrogance. Une journée de bonheur? Un changement historique? J’écrirais vraiment des poèmes pleins d’espoir!
Ou la naissance est-elle l’annonce de la terrible croix?
Je sais bien que l’être humain – esprit cruel du troupeau dont je fais également partie – dans son indifférence inébranlable il essaierait de les supprimer sans délai.
L’ombre sanglante de la croix recueille et cache aux yeux des indifférents les pauvres, les dépossédés, les affamés d’amour. Leurs cris sans voix, les vaines invocations pleines d’espoir ils convainquent le troupeau que l’indifférence c’est le seul moyen d’immortalité. La naissance est pour quelques-uns, pour eux la croix qui les conduira tous ensemble dans les cieux de la vraie essence. Espérance de vie après la vie. Peux sont les élus. Les autres – le troupeau humain – condamnés aux douleurs de l’enfer.
Pourrais-je vraiment écrire des poèmes pleines d’espoir?
Poem of hope?
At least in Christmas I would like to turn on a light of hope in my poem like the comet that shone – they say – on the hut. The birth of the child in the manger between mild animals and poor people, he announced the dawn of a new day to hearts exhausted by the desire for love and justice. This is the angel – the poor people said in chorus – who will shake all certainty and the Just healer from all arrogance. A day of happiness? An historical change? I would really write them a poem full of hope!
Or is birth the announcement of the terrible cross?
I know well that the human being – cruel spirit of the flock of which I am also a part – in his unshakable indifference he would try to delete them without delay.
The bloody shadow of the cross collects and hides from the eyes of the indifferent the poor, the dispossessed, the hungry for love. Their voiceless cries, the vain hopeful invocations they convince the flock that indifference is the only tool for immortality. Birth is for the few, for them the cross. who united will lead them in the skies of true essence. Life expectancy after life. Few are the elected. The others – the human flock – damned to the pains of hell.
I really could write a poem full of hope?
¿Poema de esperanza?
Al menos en Navidad me gustaría encender una luz de esperanza en mis versos como el cometa que brilló – dicen – en la choza. El nacimiento del niño en el pesebre. entre animales apacibles y gente pobre, anunció el amanecer de un nuevo día a corazones agotados por el deseo de amor y justicia. Este es el ángel – decían los pobres a coro – Quien sacudirá toda certeza y al Justo Sanador de toda arrogancia. ¿Un día de felicidad? ¿Un cambio histórico? ¡Realmente escribiría lo versos llenos de esperanza!
¿O es el nacimiento el anuncio de la terrible cruz?
Yo se bien que el ser humano – espíritu cruel del rebaño del que también soy parte – en su indiferencia inquebrantable intentaría borrarlos sin demora.
La sombra sangrienta de la cruz acumula y esconde de los ojos de los indiferentes los pobres, los desposeídos, los hambrientos de amor. Sus gritos sin voz, las vanas invocaciones esperanzadas convencen al rebaño de que la indiferencia es la única herramienta para la inmortalidad. El nacimiento es para los pocos, para ellos la cruz. que unidos los guiará en los cielos de la verdadera esencia. Esperanza de vida después de la vida. Pocos los elegidos. Los otros – el rebaño humano – condenados a los dolores del infierno.
Realmente podría escribir versos llenos de esperanza?
Ho avuto il piacere di tradurre, e adesso di condividere, questi versi dell’amico Alain (Niala Loisobleu), blogger, pittore e poeta che pubblica sul blog che troverete QUI (o QUI , per scoprire i suoi quadri).
Sono tre versi, che esprimono con efficacia, nella loro sinteticità, le difficoltà che incontriamo nella nostra vita e i necessari compromessi.
Lasciare del grido almeno il dolore che si rapprende
Sussultando come un malato
Che cerca di ritrovare la tua via in una rigida accondiscendenza.
Niala-Loisobleu – traduzione di Macello Comitini.
Lâcher au moins du cri la douleur qu’il amasse
En se rebondissant dessus comme un malade
Qui cherche à retrouver ta voie dans l’inestensibles élasticité Niala-Loisobleu – 15 Décembre 2020
Povero mio cuore che ti dibatti tra amori perduti e la vita consumata nel desiderio di essere e il non apparire. Come me che scrivo versi che si perdono fra i rami delle notti. Ma che importanza può avere splendere come la luna dietro alberi ombrosi? Al suo affacciarsi i volti guardano la fatua luccicante menzogna degli acquari umani dove annegano saggezza e dolore come cenere come schiuma come niente.
Pauvre coeur
Mon pauvre cœur qui lutte entre les amours perdues et la vie gaspillée dans le désir d’être et de ne pas apparaître. Comme moi, qui écris des poèmes, qui se perdent dans les branches des nuits. Mais quelle est l’importance de briller comme la lune derrière des arbres ombragés? À son apparition, les visages regardent le mensonge luisant des aquariums humains où la sagesse et la douleur se noient comme des cendres comme de la mousse comme le rien.
Poor heart
My poor heart struggling between lost loves and life wasted in the desire to be and not to appear. Like me, who write poems that are lost in the branches of the nights. But what is the importance of shining like the moon behind shady trees? At his appearance the faces look at the fatuous shining lie, of human aquariums where wisdom and pain drown like ashes like foam like nothing.
Pobre Corazon
Mi pobre corazon qui luchas entre amores perdidos y vida desperdiciada en el deseo de ser y no aparecer. Como yo, que escribo poemas que se pierden en las ramas de las noches. Pero, ¿cuál es la importancia de brillar como la luna detrás de los árboles sombreados? En su aparición los rostros miran la fatua mentira resplandeciente de acuarios humanos donde la sabiduría y el dolor se ahogan como cenizas como espuma como nada.