
Il frutto
Perdere rinunciare sono ancora nostri.
Anche dimenticare fa di noi
gli esseri umani che siamo.
Ci danno la sensazione di possedere il centro
dolore rabbia amore compassione
metamorfosi del divenire.
Ci pensiamo sul ramo del passato
come frutti maturi
in cui urge la linfa del futuro.
La nostra mente sfugge
alla buccia della pelle, pur se ne gusta
il profumo e a mala pena
ne accetta le piaghe. Ma come nel frutto
l’impalpabile sapore
l’insieme compone la nostra figura.
Le fruit
Perdre, abandonner sont toujours les nôtres.
Même oublier nous fait
les êtres humains que nous sommes.
La douleur le colère l’ amour la compassion,
métamorphoses du devenir,
nous donnent le sentiment de posséder le centre.
Nous nous pensons sur la branche du passé
comme un fruit mûr
où la lymphe du futur pusse.
Notre esprit s’échappe
à la pelure de la peau, même si il en goûte
le parfum est à peine
il en accepte les blessures. Mais comme dans le fruit
son saveur impalpable,
l’ensemble compose notre figure.
The fruit
Losing, giving up are still ours.
Even forgetting makes us
the human beings that we are.
They give us the feeling of possessing the center
the pain the anger the love the compassion
metamorphosis of becoming.
We think about it on the branch of the past
like ripe fruit
in which it pushes the lymph of the future.
Our mind escapes
from the peel of the skin, even if it tastes
its scent and barely accepts
its sores. But as in the fruit
the impalpable flavor
the whole composes our figure.
El fruto
Perder, renunciar sigue siendo nuestro.
Incluso el olvido nos hace
los seres humanos que somos.
Nos dan la sensación de poseer el centro
dolor ira amor compasión
metamorfosis del devenir.
Lo pensamos en la rama del pasado
como fruta madura
donde la linfa del futuro empuja.
Nuestra mente se escapa
de la cáscara de la piel, incluso si saborea
su olor y apenas
acepta sus heridas. Pero como en la fruta
el sabor impalpable
el conjunto compone nuestra figura.
Primo amore del tempo della frutta
Un italiano.
M’aveva scritto (mi pare) “Non ti sviluppare”
J’avais compris: “Ne t’étiole pas”
Me suis-je trompée ?
Gracie per il poema
“réverbère”* de nos vies
* pour jouer un peu avec “Carnets paresseux” et son agenda ironique
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Merci. Lys pour l’appréciation et pour votre gentil et ironique commentaire, ironique comme votre agenda🙏🌹 .
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Merci Marcello !
Comment écririez-vous dans votre belle langue alors, cette douce injonction: “Ne te fâne pas” (ou ne t’étiole pas)?
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“Ne te fâne pas” = non appassire (on dit d’une fleur ou d’une plante)
“Ne t’étiole pas” = non ti affievolire (on dit d’une flamme, par exemple d’une bougie)
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Et d’une jeune femme, comment diriez-vous ?
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Ne te fâne pas: mais pas comme un impératif , mais comme un désir de rester tel quel, sans vieillir.
C’est ce que je souhaiterais pour une jeune femme!
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Vero, c’è e ci sarà sempre qualcosa che sfugge ed è complementare.
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Esatto. Noi siamo un tutto formato non soltanto da ciò che è materiale. Grazie della visita e del commento, Davide🙏
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spesso non siamo quel che vorremmo essere,
purtroppo o per fortuna azzarderei a dire, forse aspirare a qualcosa di più alto potrebbe fare di noi dei viaggiatori illuminati o per contrappasso dei poveri illusi alla ricerca di qualcosa inarrivabile e per questo frustrante e controproducente.
Potrei riportare quel vecchio proverbio -ma probabilmente, non darebbe il giusto contesto e senso al tuo pensiero- quando afferma che il frutto non cade mai lontano dalla pianta.
A volte penso meno male che sia caduto così vicino altre, invece, sarebbe stato meglio fosse rotolato lontano.
Solita questione, sarà l’appartenenza ad un determinato ambiente o magari chissà quale congiuntura spazio/temporale, geopolitica, sociale, che fa di noi quello che siamo oppure è un semplice caso, una sorta di roulette impazzita le cui variabili potrebbero far impallidire anche il più prolifico dei matematici.
Scusa questo mio inutile divagare, la poesia è molto bella
ciao
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Grazie per l’apprezzamento, Sarino 🙏. Certamente il frutto non cade mai lontano dalla pianta. Ci portiamo dietro il DNA della nostra stirpe precedente. E quando il frutto è caduto ecco che arrivano tutti gli altri condizionamenti esterni che ci plasmano in quello che siamo (e che spesso non vorremmo essere). Nessun matematico potrà mai avere ragione di queste infinite variabili. Ma dato quel che siamo, siamo fatti non solo di esteriorità ma anche di qualcosa d’impalpabile, come il profumo in un frutto.
Le tue riflessioni offrono lo spunto per altre.
Grazie ancora d’averle esternate.
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bella, Marcello!! 🙂 🙂 (se posso: in apertura l’avrei resa più evidente, meno misteriosa …. ma so di essere un “evidentista” 😉 😀 )
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Buon giorno, Deboroh . Grazie per l’apprezzamento. Credo che il mistero renda l’argomento più interessante! E poi, tu sai scrivere da “evidentista” io so scrivere da “misteriosista”: ognuno ha il suo carattere e il suo modo guardare. È questo il “sapore che compone la nostra figura”,
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hai ragionissima!!! aggiungerei, con un po’ di sicumera, che ciò che hai così bene evidenziato non vale solo per la nostra figura 🙂 🙂 ma anche per le nostre trasfigurazioni 😉 😀 😀 😀 ciaooooo
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Giusto! Sono d’accordo!!😁😉😁😉
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🍾🍾🥂🥂🙂🙂🙂
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this is so true, amazing poem you expressed with great touches. Thank you dear Marcello, Have a nice day, Love, nia
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Thank you very much, Nia. Good day to you. 🌹💖
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