
La mia storia inizia in modo assai semplice: potevo parlare ed ero felice.
O: potevo parlare, quindi ero felice.
Oppure: ero felice, quindi parlavo.
Ero come una luce brillante che attraversa una stanza buia.
Se è così difficile iniziare, immagina cosa sarà finire –
Sul mio letto, lenzuola stampate con barche a vela colorate
suscitavano, simultaneamente, visioni di avventura (sotto forma di esplorazione)
e sensazioni di dolce dondolio, come di una culla.
Primavera, e le tende svolazzano.
Le brezze entrano nella stanza, portando i primi insetti.
Un ronzio come il suono delle preghiere.
Memorie
costitutive di una memoria vasta.
Punti di chiarezza in una nebbia, visibili a intermittenza,
come un faro il cui unico compito
è emettere un segnale.
Ma qual è veramente il messaggio del faro?
Questo è il nord, dice.
No: sono il tuo porto sicuro.
Con suo grande fastidio, ho condiviso questa stanza con mio fratello maggiore.
Per punirmi di esistere, mi ha tenuto sveglia, leggendo
storie di avventura alla luce gialla della lampada notturna.
Le abitudini di molto tempo fa: mio fratello dalla sua parte del letto,
sottomesso ma volontariamente,
la sua testa illuminata china sulle mani, il viso oscurato –
Nel momento di cui parlo,
mio fratello stava leggendo un libro che ha chiamato
La notte fedele e virtuosa.
Era la notte in cui lui leggeva, e io giacevo sveglia?
No – era una notte di molto tempo fa, un lago di oscurità in cui
apparve una pietra e dalla pietra
emergeva una spada.
Le impressioni andavano e venivano nella mia testa,
un debole ronzio, come insetti.
Quando non osservavo mio fratello, mi sdraiavo nel lettino che condividevamo
fissando il soffitto, – mai
la parte della stanza da me preferita. Mi ha ricordata
quello che non potevo vedere, il cielo ovviamente, ma più dolorosamente
i miei genitori seduti sulle nuvole bianche nei loro completi da viaggio bianchi.
Eppure anch’io viaggiavo
in questo caso impercettibilmente
da quella notte al mattino successivo,
e anch’io indossavo un abbigliamento speciale:
pigiama a righe.
Immagina se vuoi un giorno di primavera.
Una giornata innocua: il mio compleanno.
Al piano di sotto, tre regali sul tavolo della colazione.
In una scatola, fazzoletti stirati con monogramma.
Nella seconda scatola, matite colorate disposte
in tre file, come una fotografia scolastica.
Nell’ultima scatola, un libro intitolato La mia prima lettura.
Mia zia ha ripiegato la carta da regalo stampata;
i nastri venivano arrotolati in matasse ordinate.
Mio fratello mi ha consegnato una tavoletta di cioccolato
avvolta in carta argentata.
Poi, all’improvviso, ero sola.
Forse l’occupazione di una bambina molto piccola
è osservare e ascoltare:
In quel senso, tutti erano occupati –
Ho ascoltato i vari suoni degli uccelli che sfamavamo,
lo schiudersi delle tribù di insetti, i piccoli
che strisciano lungo il davanzale della finestra e in alto
la macchina da cucire di mia zia che trapana
buchi in una pila di vestiti –
Irrequieta, sei irrequieta?
Stai aspettando che il giorno finisca, che tuo fratello torni al suo libro?
Perché la notte ritorni, fedele, virtuosa,
a riparare, in breve, lo scisma tra
te e i tuoi genitori?
Questo, ovviamente, non è avvenuto subito.
Intanto, c’era il mio compleanno;
in qualche modo l’inizio luminoso divenne
l’interminabile punto centrale.
Mite per fine aprile. Gonfie
nuvole in alto, fluttuanti tra i meli.
Presi La mia prima lettura, che sembrava essere
una storia di due bambini: non riuscivo a leggere le parole.
A pagina tre apparve un cane.
A pagina cinque c’era una palla: uno dei bambini
la lanciò più in alto di quanto sembrasse possibile, dopodiché
il cane fluttuò nel cielo incontro alla palla.
Questa sembrava essere la storia.
Ho girato le pagine. Quando ho finito
ho ripreso a girare, quindi la storia ha assunto una forma circolare,
come lo zodiaco. Mi ha fatto girare la testa. La palla gialla
sembrava epicena, ugualmente
a suo agio nella mano del bambino e nella bocca del cane –
Sotto di me, mani che mi sollevavano.
Potevano essere le mani di chiunque,
un uomo, una donna.
Lacrime che cadono sulla mia pelle scoperta. Di chi sono le lacrime?
O eravamo fuori sotto la pioggia, in attesa che arrivasse la macchina?
La giornata era diventata instabile.
Squarci apparivano nell’ampio blu, o
più precisamente, improvvise nuvole nere
s’imposero sullo sfondo azzurro.
Da qualche parte, nel lontano passato,
mia madre e mio padre
stavano intraprendendo il loro ultimo viaggio,
mia madre bacia affettuosamente la neonata, mio padre
lanciando mio fratello in aria.
Mi sono seduta vicino alla finestra, alternando
la mia prima lezione di lettura con
uno sguardo al passare del tempo, la mia introduzione a
filosofia e religione.
Forse ho dormito. Quando mi sono svegliata
il cielo era mutato. Stava cadendo una leggera pioggia,
rendendo tutto molto fresco e nuovo –
Ho continuato a fissare
gl’incontri frenetici del cane
con la palla gialla, un oggetto
che presto sarebbe stato sostituito
da un altro oggetto, forse un peluche –
E poi all’improvviso si fece sera.
Ho sentito la voce di mio fratello
che chiamava per dire che era a casa.
Come sembrava vecchio, più vecchio di questa mattina.
Posò i suoi libri accanto al portaombrelli
e andò a lavarsi la faccia.
I polsini della sua uniforme scolastica
penzolavano sotto le ginocchia.
Non hai idea di quanto sia scioccante
per una bambina se
qualcosa di continuo si ferma.
In questo caso i suoni della stanza del cucito,
come un trapano, ma molto lontano –
Svanito. Il silenzio era ovunque.
E poi, nel silenzio, passi che risuonano.
E poi eravamo tutti insieme, mia zia e mio fratello.
Poi fu preparato il tè.
Al mio posto, una fetta di torta allo zenzero
e al centro della fetta,
una candela, da accendere più tardi.
Quanto sei tranquilla, disse mia zia.
Era vero –
i suoni non uscivano dalla mia bocca. Eppure
erano nella mia testa, espressi, forse,
come qualcosa di meno esatto, pensato forse,
anche se a quel tempo mi sembravano ancora suoni.
C’era qualcosa là dove non c’era stato niente.
O dovrei dire, non c’era niente
ma era stato contaminato da domande –
Le domande mi circondarono la testa; avevano una qualità
di essere organizzate in qualche modo, come i pianeti –
Fuori stava calando la notte. Era quella
la notte perduta, coperta di stelle, schizzata di luna,
come una sostanza chimica che conserva
tutto quel che è immerso in essa?
Mia zia aveva acceso la candela.
L’oscurità aveva invaso la terra
e sul mare galleggiava la notte
legata a una tavola di legno –
Se avessi potuto parlare, cosa avrei detto?
Penso che avrei voluto dire
addio, perché in un certo senso
era un addio –
Ebbene, cosa potevo fare? Non ero
più una bambina.
Ho trovato confortante l’oscurità.
Potevo vedere, vagamente, il blu e il giallo
barche a vela sulla federa.
Ero sola con mio fratello;
siamo sdraiati al buio, respirando insieme,
l’intimità più profonda.
Mi era venuto in mente che tutti gli esseri umani sono divisi
in coloro che desiderano andare avanti
e quelli che vogliono tornare indietro.
Oppure si potrebbe dire, quelli che desiderano continuare a muoversi
e quelli che vogliono essere fermati sulle loro tracce
come dalla spada fiammeggiante.
Mio fratello mi prese la mano.
Presto anche questo sarebbe volato via
anche se forse, nella mente di mio fratello,
sarebbe sopravvissuto diventando immaginario –
Avendo finalmente iniziato, come fermarsi?
Suppongo che posso semplicemente aspettare di essere interrotta
come nel caso dei miei genitori da un grande albero –
la zattera, per così dire, sarà passata
per l’ultima volta tra le montagne.
Qualcosa, dicono, come addormentarsi,
cosa che mi accingo a fare.
Il giorno dopo potei parlare di nuovo.
Mia zia era felicissima –
sembrava che la mia felicità fosse
passata in lei, ma allora
ne aveva più bisogno, aveva due figli da crescere.
Ero soddisfatta del mio rimuginare.
Ho passato le mie giornate con le matite colorate
(Ho esaurito presto i colori più scuri)
anche se quello che ho visto, come ho detto a mia zia,
era meno un resoconto fattuale del mondo
che una visione della sua trasformazione
susseguente al passaggio attraverso il vuoto di me stessa.
Qualcosa, ho detto, come il mondo in primavera.
Quando non ero preoccupata per il mondo
disegnavo la figura di mia madre
per cui mia zia ha posato,
reggendo, su mia richiesta,
un ramoscello di sicomoro.
Quanto al mistero del mio silenzio:
sono rimasta perplessa
meno per la scomparsa della mia anima che
per il suo ritorno, poiché è tornata a mani vuote –
Quanto è profonda questa anima,
come una bambina in un grande magazzino,
che cerca sua madre –
Forse è come un subacqueo
con aria nel serbatoio sufficiente soltanto
ad esplorare le profondità per qualche minuto o giù di lì, –
poi i polmoni lo rimandano indietro.
Ma qualcosa, ne ero sicura, si opponeva ai polmoni,
forse un desiderio di morte
(Uso la parola anima come compromesso).
Ovviamente, in un certo senso non ero a mani vuote:
Avevo le mie matite colorate.
In un altro senso, questo è il mio punto:
avevo accettato dei sostituti.
È stato difficile usare i colori vivaci,
quelli rimasti, anche se mia zia li preferiva ovviamente –
pensava che tutti i bambini dovessero essere spensierati.
E così il tempo è passato: sono diventata
giovane come mio fratello, poi
una persona.
Penso che qui ti lascerò. Così sembra
che non ci sia un finale perfetto.
In effetti, ci sono infiniti finali.
O forse, una volta che si inizia,
ci sono solo finali.
Louise Glück, Faithful and Virtuous Night, Farrar, Straus and Giroux. 2014
© traduzione di Marcello Comitini.
Prima di tutto complimenti grandi per questa opera di traduzione così complessa. Sembrano versi semplici, ma racchiudono pensieri e immagini non facili da rendere ! E poi una poesia a strati dove il passato torna, fa capolino e si insinua nell’oggi e nelle emozioni che perdurano. Davvero bravo!
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Grazie dei complimenti, Matilde 🙏🌹. Tradurre questi versi è stato particolarmente complesso proprio per quegli incastri di passato e presente che rendono la poesia particolarmente difficile da rendere nei tempi dei verbi. La successione delle visioni e delle considerazioni che la Glück trae da entrambe mi hanno costretto a seguire il vagabondare della sua anima di bambina e di donna matura e colma di fruttuosi dubbi, come un cagnolino che scorrazza nel mondo dei sogni e della cruda realtà dove tutto è fonte di riflessioni e considerazioni sulla condizione umana che muta continuamente e naviga nella certezza dell’incerto.. Grazie infinite della tua attenta lettura!🙏🙏
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Grazie a te per aver condiviso il tuo lavoro
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Délice du matin
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Merci, Christine 🙏🌹
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Injonction douce:
Marcello, allez voir Carnets Paresseux, il a enfin publié une ritournelle aujourd’hui.
Vous voyez, tout arrive (et plus qu’il n’est espéré) !
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Lyss, pouvez-vous m’envoyer le lien? Merci!!
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Vous y allez régulièrement, c’est Carnets paresseux, le dodo de WordPress !
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Je connais très bien Carnets Paresseux. Je le lis et je le suis tout le temps, mais maintenant je ne le trouve pas.
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https://carnetsparesseux.wordpress.com/2020/11/15/13608/
Ça marche ???
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Merci beaucoup, Lyss. Le lien fonctionne et j’ai aimé lire le jolie “riturnelle”. Mais malheureusement pour moi, ce ne sont pas les livres qui m’ont bloqué, mais la maladie qui ne me permet pas de lire pour l’instant. Merci pour votre aimable réflexion que j’ai beaucoup appréciée.🌹❤
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Bravissimo e soprattutto bentornato! grazie per averci donato quest’opera e quest’autrice, a me prima sconosciute. Un grazie di cuore, buona domenica!
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Grazie infinite di tutto, Rebecca🌹! Un abbraccio grande!!❤
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Che bella traduzione! Complimenti
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Grazie dell’apprezzamento, Luisa🙏🌹 Sei sempre generosa nei miei confronti 🌹❤
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Sei tu, che sei bravo!
Buona settimana 💜💚💜💚💜💚💜💚
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❤Sempre gentile, Luisa!! Buona settimana anche a te 🌹
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🌷🤗🌼
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ad un certo punto la lunghezza mi ha stressato. Non sono riuscito a finirla. La riprenderò domani ma so già che dovrò attendere il punto in cui ho lasciato la poetessa nella sua narrativa romanzesca.
Era partita cosi bene, la primavera era dolcemente poetica, poi è diventata epica con gli insetti, e quando mi sono accorto che ero finito nella sua lettura personale, ho smesso di leggerla (mi ha fregato!) non è poesia, è un romanzo è troppo narrativa.
Domani la rileggo.. vediamo se ce la facci a finirla.
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Capisco che la lunghezza scoraggia la lettura, FilorossoArt. La poetessa, nella narrazione mescola fatti del passato a considerazioni sul presente, il che rende questi versi apparentemente non lirici. Restano affascinanti le immagini del passato che s’intrecciano con i fantasmi del passato (i suoi genitori), che la obbligano a “usare” colori scuri, là dove la vita (simboleggiata dalla zia) avrebbe preferito che la poetessa raffigurasse le sue immagini con colori colmi di vitalità. Ma questo non è concesso alla poetessa, assalita com’è da dubbi esistenziali. A mio modesto avviso questa poesia richiede una lettura particolarmente attenta e meditativa. Coraggio! vedrai che domani la lettura ti risulterà più affascinante. Fammi sapere le tue considerazioni: ci terrei molto a conoscerle!
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ok!
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Marcello, sinceramente, ci ho provato per la seconda volta e ho avuto un coito interrotto per noia. E’ come quando devi fare all’amore perché te lo chiede lei e lo devi per dovere, poi cedi per rifiuto percè ciò è sbagliato andare avanti. Ci si ama se corrisposti. Te lo giuro, domani ci riprovo, parto da dopo il punto stabilito interrotto.
Poesia? Non so, questa sembra un diario strettamente personale, confessionale , confusionale, dove lo stato d’animo non cambia mai emozione, sempre lo stesso, grave. In musica quando s’intona sempre la stessa nota si chiama mono-tono in letteratura monotona. Allora ho pensato, cerca qualcosa di suo in rete (scusami non la conoscevo prima d’ora) eppure è un Nobel. Se hai notato bene, le sue poesie sono “lettere” di critica. Critica un sistema cui ella appartiene e, che vorrebbe convertire alla semplicità. Ma non ce la fa perché si rivolge ad una entità enorme che vive nell’errore ed è al disopra di lei. Quello si, lo sa, è cosciente. Quindi porge consigli per migliorare la loro posizione scrivendogli delle lettere camuffate sotto forma di poesia, ma che poesie non sono ma suppliche.
Dopo l’avvento della video scrittura e dell’email, la scrittura è tornata ad essere telegrafica e le email o le comunicazioni avvengono telegraficamente o commercialmente.
Marcello, abbiamo perso l’abitudine di scrivere le “Lettere” e quindi in Louse Gluk non riconosciamo più una poesia da una normale lettera. Se in cima alla sua poesia la intesti a: Sua Eccellenza, o Egregi signori, oppure Cari amici, virgola e via a capo, le sue poesie sono normali lettere indirizzate a…
Se hai notato le sue poesie sono fortemente politiche, severe, spesso rimprovera, accusa osserva, giudica ecc. come se tutto il suo lavoro fosse incentrato dentro una organizzazione che non vuole mettere in piazza i propri affari per ragion strategiche. Soggetti come lei, hanno invaso il mondo della Poesia in massa. Quella gravità delle sue parole, i ragionamenti profondi, l’acutezza di pensiero centrico; quella vita senza sorrisi e spensieratezze e gioie, caratterizzano immediatamente un certo tipo di poesia, dove la parola “sangue” è sempre presente. Due cose sottolinea perennemente, l’abbandono di Dio al suo popolo come gli avesse girato le spalle, la cocciutaggine per una terra promessa solo attraverso la conquista, e il rispetto da portare all’umanità erede anch’essa di questa terra. I fratelli di sangue, riconoscono nei suoi scritti la “Gravità” di una colpa commessa, e le diatribe interne hanno permesso alla linea angelica di riconoscerle il Nobel. La sua poesia , se di poesia possiamo parlare è monotematica, da qui le mie riserve consce quando la leggo.
Marcello, il poeta non ha Dio. E’ un essere che lascia il Dio umano libero di scorrazzare dove vuole perché per il poeta non conta venerare il creatore ma il creato cosi come lo abbiamo trovato, manifestando forti riserve per chi lo ha modificato. Ecco la differenza tra un poeta e un letterato.
Domani leggo l’ultima parte vuoi?
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Il tuo commento è particolarmente interessante e ha riscosso il mio interesse più vivo. Domani rileggerò questi tuoi pensieri sulla Glück e ci rifletterò su e a fondo. Ti anticipo che molto di ciò su cui hai riflettuto incontra il mio consenso. Grazie dell’interesse che hai mostrato soprattutto per quello che è il frutto della mia fatica di traduttore. Te ne sono infinitamente grato e ammiro la serietà con cui hai affrontato l’argomento. Serietà e impegno ormai raro da trovare sui social di qualsiasi tipo. Grazie!!
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ti dirò, caro Marcello che l’impegno sui social ne trovo tanto, ognuno pertinente alla propria disciplina. Certo che, la povertà dell’insegnamento per rendere il proprio cittadino, un uomo nato libero e poi più, al quale dare una Patria di riferimento imbrigliandolo di logiche e tasse , ciò ha inquinato tutte le culture nascenti soffocandole, vivendo la cultura di rendita storica. La povertà e la massificazione dei Media sui suoi spettatori ha creato l’Homo Stultus, sono d’accordo con te, ma in tanti social (come questo di WordPress) trovo molte persone impegnate a manifestarsi ad esplicare la propria intelligenza in qualità del propri grado di istruzione. Amo questo social in particolare perché è pregno di poesia libera, spesso senza regole, affascinandomi per la libertà priva di censura alcuna. La critica in corso a Louise Gluk serve a chi legge per affinare il proprio concetto di Poesia fuori dalle righe, ampliando i propri orizzonti, anche se sto censurando poeticamente una Premio Nobel. Ma il poeta deve essere paladino della propria parola, perché la poesia non deve essere catalogata come Arte altrimenti abusata della sua e ingenuità serena.
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Marcello, eccomi qui per la terza volta. L’ho letta tutta fino in fondo.
In questa ultima fase ci dedicata le sue riflessioni sulla sua trinità Familiare.
Leggiamo di Louise Gluck le seguenti motivazioni onorifiche al Premio Nobel bandite in tono trionfale: ” Il Premio Nobel per la letteratura 2020 viene assegnato alla poetessa americana Louise Glück per la sua inconfondibile voce poetica che con l’austera bellezza rende universale l’esistenza individuale”.
Marcello, ti rendi conto della gravità di queste parole? ” (…) voce poetica che con l’austera bellezza rende universale l’esistenza individuale”. L’aggettivo austero e sinonimo di: aspro, rude, rigido, inflessibile, intransigente,… e che è? Questa sua dote marziale la si riscontra quando i Nobel asseriscono poeticamente di essere ella una nichilista affermando: “rende universale l’esistenza individuale”.
Individualismo? Ma poi leggiamo di suo nella poesia “Aprile”
“Credete che mi importi
se vi parlate?
Ma voglio che sappiate
mi aspettavo di più da due creature
che furono dotate di mente: se non
che aveste davvero dell’affetto reciproco
almeno che capiste
che il dolore è distribuito
fra voi, fra tutta la vostra specie, perché io
possa riconoscervi, …”
Ti appunto: “Fra tutta la vostra specie?”… affermazione ultra razzista.
il tono è poco poetico, ma lei parla come una profetessa ispirata dal divino giudice morale e inquisitrice contro la sua stessa umanità. Quel Sermone si chiama Poe-predica.
Il tono minaccioso verso gli individui resi nichilisti dal sistema per poi sentire la commissione Nobel pronunciare l’elogia: “rende universale l’esistenza individuale”. Se ha ritirato il premio, allora dobbiamo analizzare l’intero percorso della sua vita per capire le contraddizioni della commissione Nobel e il compito premiato da lei svolto nella vita.
Che la Louise sia cittadina americana e il Covid abbia messo in luce tutto l’individualismo dei suoi cittadini nel bisogno, la franosa discesa di quelle parole dei Nobel non corrispondono ai fatti reali che le recensioni letterarie asseriscono al suo lavoro. Quindi la Louise si rivela essere una agente di Avanguardia americana, agente che precede i costumi sociali e l’arte prematuramente indirizzandola per scopi ignari ai cittadini resi fortemente individualisti per meglio asserire il sistema. Di suo i social presentano in coro sempre le stesse 5 poesie inquietanti, come non avesse di meglio da presentare e dalle parole lette in quelle poesie, non ti nascondo un brivido inquietante sulla serietà del Premio Nobel. Mi piacerebbe conoscere la giuria e conversare con loro, perché la Louise, non è il primo abbaglio che il prestigioso premio manifesta. La poesia per essere tale deve essere innanzitutto “scolastica”, perché è un esercizio di memoria per tenere in memoria i valori universali a tutti i popoli fraternizzandoci. Lei no, lei è individualista, una “specie” che si dissocia dalle altre “specie” umane. E una Nobel, quindi una premiata al di sopra di tanti poeti terrestri. Perchè?
Finisco infine con la sua confessione sulla falsa poesia che impunemente essa stessa diffonde e impunemente ammette:
“Mie povere ispirate
creazioni, siete
distrazioni, in ultimo,
puri inceppi; siete
alla fine troppo poco simili a me
per piacermi.”
Mah!?… Chi crede di essere?…
Marcello, capisci perché faccio fatica ad andare avanti?
Vedi, la tua traduzione è unica in tutto internet, complimenti. Qui ti riconosco il merito operoso e l’opportunità magistrale di divulgarla per quello che è e leggere altro della Poetessa senza comperare i suoi testi che dopo averla scoperta superba, la sua divulgazione in rete mi suona tanto di autofinanziamento al successo. Nobel come trampolino non è male. Mi risparmio il resto.
Ora vado nei tuoi archivi vaccinato per cercare altre traduzioni tue per meglio capire se l’abbaglio è mio o del prestigioso Nobel.
Ciao
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L’abbaglio, carissimo FilorossoArt , non è tuo ma della giuria che sceglie e assegna onori a chi rappresenta in quel momento un fatto storico contingente. Un tempo, tanto tempo addietro!! la giuria assegnava il Nobel a chi rendeva onore all’arte poetica letteraria e poi, ma solo poi, al fatto storico, che tuttavia recava nel pensiero del Poeta e nelle sue parole le tracce del cammino dell’uomo e della sua storia. Penso a Quasimodo, a Pirandello, a Pablo Neruda. Ma penso in contraltare anche al quasi sconosciuto Seamus Heaney, premiato nel 1995 in quanto la sua poesia “focalizzava l’attenzione dell’opinione pubblica su primi seri tentativi di una sistemazione politica del conflitto civile in nord Irlanda”.
Le motivazioni del premio mi sembrano parecchio distanti da una valutazione letteraria, quanto piuttosto politica. (e mi sorge il dubbio che questa valutazione sia stata adottata anche per la Glück sponsorizzata da Barack Obama, politicamente contrario alla presidenza Trump.) E mi vengono in mente le parole di Moravia che si chiedeva quale sia il dovere dell’artista di fronte a un avvenimento storico di lotta e di conflitto. All’artista, dice Moravia, incombe il dovere di fare arte, perché sa che solo l’arte può condurre le coscienze a riflettere sugli strumenti umani per risolvere la conflittualità, essendo essa – ma queste sono parole mie – è la sola in grado di scandagliare la vera essenza dell’animo umano, spogliandolo di ogni scoria avvelenata dai fatti storici e contingenti.
Apparentemente oggi non esistono condizioni storiche di conflitto, perché facciamo presto a mettere la testa sotto la sabbia del benessere e dimenticare le disuguaglianze, le ingiustizie, la povertà. Ma un artista che dimentica tutto questo trasforma il proprio talento poetico in strumento che alimenta l’individualismo e l’egoismo.
Ma allora hai il diritto di chiedermi perché sto traducendo e pubblicando la Glück. Perché dai suoi versi possono essere estratti quei pensieri individuali e individualistici che toccano l’uomo comune, chiuso nelle sue incertezze o nelle sue assolute certezze, che lo fanno distante dal mondo. La Glück gli offre spunti di riflessione e forse anche motivi di rimorso nei confronti della propria storia individuale e personale, spingendolo a riflettere e a riconsiderare, nel momento in cui riconosce l’individualismo della Glück, il suo sentirsi superiore alla miseria dei suoi simili.
Personalmente considero la Glück una blogger, fortemente traumatizzata dal proprio passato, che esprime in forme pseudo poetiche il proprio disaggio. Proprio come fanno parecchi blogger su wordpress, che con la massima sincerità cercano uno sbocco alla propria condizione. E tu fai bene ad apprezzarli, ma credo che saresti molto dubbioso sull’opportunità di assegnare loro un premio letterario o artistico, proprio a causa di quell’assenza di universalità consapevole.
Grazie sempre per questi tuoi interventi parecchio articolati e carichi di memoria umana.
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Caro Marcello, a me piace la “corrispondenza” letteraria perché proprio su di essa i futuri ricercatori saranno aiutati da una serie di indizi nascosti per scoprire nel mondo delle ombre a chi esse appartenevano. E’ un poco come Orfeo, il quale narra che negli inferi vigilava il comandamento che le ombre non potevano toccarsi perché “non dovevano toccarsi” per una legge divina di Ade che in quel modo garantiva a tutte le ombre di parlarsi e chiarirsi tra loro sulle offese ricevute in vita senza venire alle mani, altrimenti buttati nel Tartaro Nero in malo modo verso “un luogo senza più ritorno nell’emisfero più profondo degli inferi.”
Quindi, nella “corrispondenza virtuale” vedo il modello politico e giuridico di Ade dove le anime , proprio perché pensanti e invisibili tra loro, possono liberamente parlarsi a distanza ravvicinata ed esprimere il profondo di se fino agli eccelsi cieli della beatitudine.
La buona “corrispondenza aperta” deve saper interloquire senza mai condannare a priori (come sai fare tu,) che prendi atto dell’opinione ricevuta per meditare sulla critica all’autore sul merito. Certamente, mai commettere il reato di opinione ma approfondire lo scambio di opinioni è un atto del sapere da approfondire poi, in solitudine o in rete (ricerca del riscontro). Secondo il canone poetico classico, la poesia deve sempre essere scolastica, ripetibile a memoria è facilitata all’apprendimento mnemonico. Quando la poesia diventa un fatto personale e priva di una parabola intrinseca, diventa pensierino della sera di un diario privato slacciato. Il diario è materia di letteratura e pertinente alla narrativa. La poesia insegna , la narrativa ti segna.
Nella “corrispondenza” si cerca di dissolvere il tema che sta a monte di una poesia in quanto il Tema, è il dogma da dissolvere o risolvere.
Sulla poetessa in causa, sto scoprendo tra le pieghe nascoste del suo sudario (vita vissuta) le trame utilizzate in poesia per altri fini. Tu stesso in questo intervento ti sei avvicinato moltissimo alla verità del reato rivelato, ma essendo inconsapevole del reato commesso dai Nobel non hai la minima idea su cosa tu hai appena svelato di tremendo di quella trama ombrosa.
Barack Obama, Trump, Moravia, Pirandello, Quasimodo, Pirandello, Pablo Neruda, Seamus Heaney, la stessa Gluck che hai appena accennato (li conoscevo tutti, ora un po anche la Gluck ) come altri cento ancora o mille Star delle costellazioni artistiche del novecento e premiati con “prestigiosi premi” e in diverse arti , questi sono tutti legati tra loro da un invisibile Filo Rosso comune. (ed è dimostrabile). Quando senti l’aggettivo “prestigioso” allertati immediatamente (gatta ci cova).
Le trame di un tessuto sono composte da “nodi” ma i nodi fanno capo ad un unico Filo conduttore anche se giuntato a maestria, specie, se tali trame, sono composte per una o più ragioni diverse. E’ un po come una collana di perle che stanno insieme grazie al filo che le assembla ma che resta nascosto; cosi sono tutti quei nomi che ha pronunciato. Essi sono tutti “trapassati” dal medesimo filo che li “collega” fra loro.
Egregio “collega” Marcello, la Poesia è l’Enigma, anche se ermetica come quella di Quasimodo, ma che nessuno impara a memoria perché non si capisce di che parla, la Prosa scolastica è il suo svolgimento per dimostrare se l’hai capita o no. Molti scrittori spacciano lo “svolgimento” come fosse una Poesia incolonnandolo per le rime per tenere fitta la propria trama petica. Ma Poesia non è Trama e nemmeno Prosa anche se si adornano dello stesso vestito.
La Poesia è la Ragione per cui una tessitrice “trama” il suo tessuto con calma, ma nel tessuto la tessitrice non lascia tracce della propria Ragione. Se il tessuto è prodotto per l’Arte, le forbici del sarto tagliano il tessuto in funzione della Ragione del sarto dissolvendo la magia della tessitrice; se invece il tessuto nasce per le spose o per essere un sudario, la ragione della tessitrice lascia per sempre nel tessuto l’impronta della propria “magia” (Penelope) Ciò vale anche in Poesia.
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Caro marcello hai fatto un lavoro strepitoso! Complimenti.
Ho letto la poesia con lentezza, ritornando su alcuni passi. Ho cercato di capire qual’era il presente e il passato. Perchè il pensiero di questa meravigliosa poetessa è un continuo alternarsi tra passato e presente, un turbinio di vita vissuta, tra dolore e crescita.
Intensa poesia, davvero meravigliosa.
Grazie per avermela fatta conoscere.
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Cara Paola🌹, grazie per l’apprezzamento della mia fatica. Sì, la Glück riesce a conquistare il lettore per questa sua capacità di tornare indietro nel passato e nello stesso tempo di parlare del presente, in un gioco inestricabile e perciò affascinante, di memorie e sentimenti
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