Lettera a Silvia

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Cara Silvia,
Neppure io ritengo Bukowski un maestro di vita.

Ti ho citato quella poesia solo perché ha un tono diverso da quello che tutti divulgano di lui.

Te l’ho citata perché penso che anche Bukowski meriti rispetto e perdono, e perché no?, anche amore, come si può amare un ubriaco che si vede barcollare per strada nel buio della notte.

In fondo siamo tutti ubriachi: ingolliamo la bevanda che più ci serve per superare la nostra stessa vita, per proiettarci in un mondo migliore, un mondo che non esiste, un mondo in cui, se esistesse, l’uomo non potrebbe vivere perché contrario alla sua natura di distruttore.

L’uomo è l’unico essere vivente che per vivere ha bisogno di consumare la terra, di distruggerla in modo irreversibile.

Tutto, tranne l’uomo, si trasforma in qualcosa e trasformandosi dona vita a qualcos’altro, contribuisce all’equilibrio della natura. Anche l’uomo dona vita ma solo a un essere come lui. E crea squilibrio nella natura con il sovraffollamento. La sola spina dunque è l’uomo. Perché?

Per me l’uomo è un grande mistero. Si è creato a immagine e somiglianza di Dio, anche se ipocritamente sostiene che sia stato Dio a crearlo a sua immagine, proprio per giustificare il proprio essere, per potersi dichiarare disubbidiente, debole e perdonarsi i propri delitti.

Pensi che io odi l’uomo?

No, non è possibile attribuirgli la responsabilità di com’è fatto.

Si è fatto da sé?

Forse potrebbe migliorarsi. Ma in tanti secoli non è riuscito a farlo e sta sempre sul punto di tornare indietro (con le guerre) rispetto ai pochi passi che ha fatto (passi che in realtà sono dettati dalla paura: paura di una guerra che potrebbe distruggere tutto indiscriminatamente). La violenza sta sempre alle porte assieme all’odio e alla rabbia, quando esercitarle non fa paura a chi li esercita.

Allora vedi che non si tratta, come scrivi tu, di criticare una società, ma capire la natura umana e perdonarla anche nelle sue espressioni più abiette.

Non è questo forse uno spendersi fino alla follia?

La follia di perdonare sé stessi e gli altri nonostante tutto, di predicare con i miei versi questa comprensione e questo perdono , nonostante gli altri non capiscano. Chi mi ha dato questa sensibilità di comprendere sia il cattolico fervente che l’ateo degno delle pene dell’inferno?

Il dolore. Me lo sono andato a cercare?

O piuttosto non me lo ha dato Dio, conducendomi per una strada colma di asperità?

Non sono un eletto (come qualunque fanatismo richiederebbe che io mi ritenessi).

Sono come un povero rospo sul ciglio di uno stagno, che si è trovato con il carico di avvisare i naviganti e gli abitanti dello stagno, che quello non è il mare in cui credono di vivere.

Dire le cose per come si vedono è criticare? Vedere le limitatezze della vita umana è  pessimismo?

Sono solo quell’ubriaco che dice agli altri ubriachi di stare attenti perché la bevanda da cui ciascuno trae forza non è così innocua come crediamo e soprattutto non dura.

La via della salvezza non tocca a me indicarla e tanto meno insegnarla.

Chi sono io? Sono migliore degli altri?

Spero sempre che qualcuno mi dica grazie credevo d’essere solo e abbandonato nelle mie difficoltà, e invece tu mi dici che tutto è umano e che anch’io sono un umano che soffre come tutta l’umanità.

Sono pochi.

Sarebbero moltissimi se dicessi che tutto è rosa, se infiocchettasi con fiorellini e paroline dolci il vivere quotidiano. Se indicassi, mentendo, la strada della speranza. Ma chi si comporta come me è scomodo a tutti. Gli “amici” che mi seguono sono solo coloro che alimentano quel mio desiderio/speranza di cui dicevo prima.

Se sei giunta a leggere sino a questo punto, mi sembra doveroso e rispettoso ringraziarti per la tua pazienza.

Ti abbraccio e mentre ti abbraccio guardo al di la delle tue spalle e vedo che la tua vita mi conferma nel mio modo di considerare il mondo. E penso che la speranza che aiuta a vivere è la stessa che ha aiutato qualcuno a darsi la morte (per la speranza folle di dominare la vita e non esserne schiavo). La speranza è come il sangue: puoi ignorarla ma lei continua a circolare.

Ne siamo consapevoli entrambi.

35 pensieri su “Lettera a Silvia

  1. molto bella questa tua ampia riflessione sulla natura umana. I più deboli spesso sono i più incompresi nei loro tentativi di alleviare le fatiche dell’esistenza; per chi non soffre degli stessi tormenti certi comportamenti sono considerati come evitabili deviazioni; forse se non mancasse loro ascolto e conforto sarebbero meno inclini a sbandamenti che sono la naturale conseguenza della disperazione.
    Siamo in continuo precario equilibrio sul filo della vita e non è facile mantenerlo.
    Buona Pasqua Marcello

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    • La poesia non è essenziale per lo spirito del mio scritto. Ma se hai voglia di leggerla. ECCOLA

      Rapporto dal Quartiere. 12 Marzo. 1965:

      abbiamo una fretta terribile di morire
      mentre grossi Negri sconquassano
      le strade
      le nostre dita tremano sopra tazze
      di caffè nero
      mentre questa città
      tutte le città
      giacciono a cosce spalancate da inzupparci dentro il
      becco,
      mi sveglio per chiudere la persiana
      aperta
      mi sveglio e mi ritrovo uomini neri e
      uomini bianchi e nessun
      uomo ¬
      violentano tutto
      entrano nelle chiese e
      le chiese bruciano
      accarezzano cani e i cani vomitano
      saliva gialla e
      muoiono
      comperano dipinti che
      non capiscono
      comperano donne che
      non capiscono
      comperano tutto quanto e
      ciò che non possono comperare
      lo uccidono

      le loro donne mi abbordano
      ancheggiano nel sacramento delle
      loro carni
      oscillano dinanzi a me dall’alto delle torri
      dei loro tacchi alti
      tutte quante vogliono
      farmi urlare
      in una sorta di gloria idiota
      ma le guardo di nuovo
      e capisco che sono
      morte
      che è tutto inutile
      attraverso la strada
      per comperare un pezzo di
      pane

      di notte
      il suono più dolce che sento è
      lo sgocciolio del
      water
      o qualche jazzista disoccupato
      che ripassa le sue variazioni ¬
      un martirio straziante per un
      essere
      perennemente
      incompleto

      noi tingiamo solo di vivere
      mentre attendiamo qualcosa
      attendiamo qualcosa
      e guardiamo orologi da polso con diamanti
      attraverso vetrine di cristallo
      mentre un ragno succhia le viscere di una
      mosca
      rendiamo omaggio alla nipote di Marshal Foch
      chinata su un
      mastello di biancheria,
      percorriamo Sto Peter Street
      sperando di trovare
      dieci centesimi nel canale di scolo

      i cani ci conoscono
      i cani ci conoscono
      più di tutti
      il Jazzista mi arriva dritto al cuore
      dal vetro malinconico blu alle
      4 di un venerdì
      pomeriggio

      vuole farmi sapere cosa
      sente
      mentre piedi corrono sopra la mia
      testa
      mentre gli uomini morti risucchiano
      spaghetti
      mentre gli uomini morti mitragliano il
      ponte
      e nei momenti di riposo
      pregano e bevono
      ottimo whisky

      ho osservato gli artisti
      marcire sulle loro sedie
      mentre i turisti scattavano foto
      di una vecchia rotaia di ferro non ancora trasformata
      in armi

      ti ho vista, New Orleans,
      vi ho viste New York,
      Miami, Phi1Iy, Frisco, St. Louie .
      L.A., Dago, Houston, e
      molte altre. non ho
      visto nulla. i vostri uomini migliori sono
      ubriaconi e i vostri uomini peggiori
      li
      sbattono in galera,
      i vostri uomini migliori sono assassini e
      i vostri uomini peggiori
      vendono loro
      munizioni

      i vostri uomini migliori muoiono nei vicoli
      sotto un foglio di giornale
      mentre ai vostri uomini peggiori
      costruiscono statue nei parchi
      per farci cagare sopra i piccioni nei
      secoli

      il Jazzista si ferma. mio dio, che
      pace, questa è l’unica cosa che posso dire ora!
      che pace. che pace. lasciami pensare
      se mi va di pensare e se non
      mi va, mama, non farmi
      pensare.

      16.26
      dal Quartiere

      guardo in basso sul pavimento:
      un cartone di birra
      squarciato e vuoto
      dice
      “Non disperdere!
      Mantieni bella
      L’America”

      E come il jazzista :
      non mi va di pensare
      più.

      Traduzione di Simona Vinciani da ” Charles Bukowski – Una donna sulla strada”, Guanda Editore, 2017
      ============
      Vincenza ti ringrazio profondamente per l’attenzione con cui ti rivolgi ai miei scritti.

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