La rondine del cieco a Venezia

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Gabriele d’Annunzio

   

Ho tratto questo brano da un’opera scritta nel periodo in cui d’Annunzio, a causa di un grave incidente all’occhio destro è costretto a letto nell’immobilità assoluta e con gli occhi bendati. Nel buio totale riaffiorano ricordi e si accendono immagini. Il poeta li annota a tentoni su una lunga striscia di carta, che fa scorrere tra le dita.
    Il titolo del brano è stato assegnato da me.

« Sono arrivate le rondini » dice la Sirenetta entrando nell’ombra, con un accento dominato che par l’ombra del grido.
Penso, non so perché, al suono dell’antica mia voce quando, fanciullo, sollevavo il coperchio ferrato del pozzo e, sporgendomi dalla sponda di pietra solcata dalla corda, gettavo un grido verso il fondo ove intravedevo il mio viso nell’acqua che luceva.
Ho negli occhi quel suono d’argento assordito, in cui tremava la levità del capelvenere.
Richiudevo il coperchio con cautela perché l’urto del ferramento non ricoprisse il mio grido segreto.
E mi pareva d’aver imprigionato nel pozzo fresco e cupo qualcosa di vivo come un uccello che seguitasse a svolazzare e a cantare sbattendo le ali contro l’umido mattone.
[…]
Resto silenzioso. Ma un istinto balzante della mia carne stanca imita la rondine veloce.
I suoi minuti occhi selvaggi s’aprono sotto la mia benda.
Entra nella Corte Contarina. Un grido, due gridi. […]
Passò sopra Chioggia.
Volò a San Francesco del Deserto.
Girò intorno al campanile orientale nell’isola degli Armeni.
Si posò un istante nella bocca del Leone su la colonna della Piazzetta, tentata di mettervi il suo nido novello.
Entra nella Corte Contarina, Un grido acuto, un guizzo bianco.
S’abbassa verso i pozzi aridi raccolti entro le inferriate
Poi sfiora le logge sovrapposte con la rapidità musicale di una mano che fa un arpeggio su per le corde di un’arpa scolpita.
Brilla e svolazza intorno agli ultimi balaustri.
Poi la vedo sparire, la sento stridere sotto la volticella
Poi la vedo partirsi a saetta, valicare i tetti, trafiggere l’azzurro.

La odo gridare di dolore, gridare al sole il mio dolore

Gabriele d’Annunzio, Notturno, pagg. 127-128, Mursia, 1995

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      Quanti di noi hanno letto Gabriele d’Annunzio? Credo tutti, almeno perché lo si studia a scuola. Ma forse ognuno di noi risponderebbe che è un poeta superato e soprattutto fascista, come ha da sempre sostenuto la critica letteraria italiana.
Mi permetto di dissentire. Un poeta, anche se politicizzato,raggiunge la sua massima espressione soltanto quando mette da parte la sua retorica ideologica.
La critica oggi inizia a scoprire che d’Annunzio non si è mai accostato al fascismo e che invece Mussolini si serviva del suo nome per fare propaganda. In realtà il poeta era solo un patriota come ai suoi tempi s’intendeva il patriottismo, con tutte le sue conseguenze.
Sarò grato a chi mi dirà se è interessato alla lettura di versi scelti da d’Annunzio.

 

21 pensieri su “La rondine del cieco a Venezia

  1. Marcello, sfondi una porta aperta, ho un’ammirazione esagerata per la sua poetica ariosa e aperta ai suoni della natura, il suo stile è unico, ricercato e spesso mi dà la sensazione che qualche parola da lui posta in un determinato contesto, non potesse essere che quella… l’unico che rileggo in continuazione imparando sempre qualcosa di nuovo ogni volta…

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  2. Io confesso di avere un’immagine distorta di D’Annunzio, per questo mi piace accogliere il tuo stimolo a conoscerlo ora senza alcun pre-giudizio. Il tempo e gli anni mi hanno convinta di ciò che affermi: un poeta, uno scrittore, chiunque scriva deve essere letto e valutato per ciò che produce. Tutto il resto appartiene ad altri campi.
    Attendo un nuovo testo da leggere e da gustare!

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    • Grazie di questo commento, Yourcenar. Ho sempre sostenuto che un uomo di lettere deve essere valutato per quello che scrive e non per tutti i miti che i critici tessono intorno alla sua vita privata. Sarebbe come valutare –
      tanto per fare una esemplificazione facile -una scoperta scientifica sulla base del fatto che la moglie dello scienziato abbia partorito proprio il giorno della scoperta. Quanto prima pubblicherò qualcosa di d’Annunzio. Grazie ancora

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  3. D’annunzio! Mi fa ricordare gli anni (lontani) al liceo quando studiavo l’italiano; il mio professore Monsieur Tricceri ammirava il poeta e cercava di trasmetterci questa passione.
    Ha una scrittura molto particolare e un modo di descrivere la natura tanto ‘scivoloso’. A leggerlo, pare di sentire, come se fossimo li’… (scusate se ci sono errori, ma parlare in Italiano, va bene, scriverlo, è un po’ più difficile!)

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    • Colette, grazie di questo commento. L’aggettivo “scivoloso” è davvero formidabile. Mi piacerebbe che mi dicessi qual’è l’aggettivo corrispondete in francese. Mi sono permesso di risponderti in italiano perché ho visto che a scriverlo sei bravissima.

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