La sposa

La sposa bn rit

foto con elaborazione grafica di marcello comitini

Nuvole di carta vestono la sposa

come luna nel vento di marzo

scesa lungo i prati della villa antica

e cammina tra le statue infreddolita.

Nascoste tra i platani e le querce

al canto ininterrotto degli uccelli

inspirano espirano le statue

ridono respirano non vedono

la sposa dalle spalle nude

sotto un arco di fiori irrigiditi

calpestati dal freddo.

Dove sono i compagni – chiedo ai fiori –

i parenti, gli amici? Dove lo sposo che l’attende?

 

Lei è sola con la sua felicità.

 

Con il mio sguardo vorrei cingerle le spalle

Con le mie labbra baciare le sue labbra

Con il mio fiato scaldare la sua pelle.

 

Ma lei è sola con la sua felicità.

9 pensieri su “La sposa

  1. Questa la mia sensazione per circostanze simili che in passato non mi furono estranee.

    La sposa riflette la solitudine del poeta.
    L’impenetrabilità della donna, che può essere felice malgrado lui, gli altri, spettatori lontani.
    Fredda, sola e felice, impermeabile al suo amore, irraggiungibile, non per colpa di Lei.
    Una rappresentazione dell’incomulicabilità che spesso separa l’uomo e la donna.
    Assai attuale oggi, per la quale molti preferiscono la singletudine (mio caso), qui estranea al poeta, infervorato ma inerme, forse rassegnato.

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    • Grazie della visita, Eugenetics, e soprattutto del commento (anche se per logica il commento non poteva esistere senza visita!).
      Certamente credo nella solitudine di ciascun individuo, una solitudine profonda e non sradicabile che ogni persona avverte nel proprio intimo per essere e sentirsi persona: lui e nessun altro. E ben hai detto che questa poesia parla dell’incomunicabilità.
      I versi nascono dall’aver assistito a un matrimonio in una fredda giornata di marzo, ventosa e grigia. La sposa, nel suo abito bianco che le lasciava spalle e braccia nude, era talmente presa dal suo ruolo di sposa che sembrava non avvertisse il freddo che le divorava il corpo. E mi sono chiesto se fosse proprio quella “esposizione” a dare senso e significato a quei momenti, a quel giorno. Leggevo nei suoi occhi lucenti e nel suo sorriso raggelato dal vento e quasi stereotipato, che nulla le importava degli altri, se non come pubblico festante che celebrava la sua esibizione. Gli altri, peraltro, poco si preoccupavano, anzi non si curavano per nulla, che la sposa potesse soffrire e che avrebbe accolto con segreta gratitudine (come avvenne dopo tre ore) il gesto di attenzione di farle indossare il corpetto che giaceva dentro l’auto. Ma oltre agli invitati disattenti mi sono chiesto dove fosse lo sposo. Ho sollecitato che la coprissero e quando ciò è avvenuto, sono andavo via a metà festeggiamenti. Rassegnato? No. Inerme, come bene hai detto tu, e scoraggiato.

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